Italiani e americani, nei lunghi fine settimana di festa, hanno preso d’assalto Venezia. I valori del turismo si riallineano poco a poco a quelli pre-pandemia. Nel nostro Paese, la tendenza a spostarsi è generalizzata a quasi tutti i weekend, ed è una miniera da sfruttare e valorizzare.

 

Tommaso Farina

 

La Venere del Botticelli trasformata in influencer mangiapizza magari non sarà piaciuta molto agli espertoni più o meno improvvisati e agli antipatizzanti più o meno politici, ma una cosa è sicura: non ha causato la ripulsa dei turisti stranieri, almeno per ora. E non solo perché la campagna è ancora agli albori. In verità, qualche motivo di tranquillità gli albergatori possono dire di averlo. La primavera è avanzata, e dopo Pasqua sono arrivati ben due weekend lunghi, per giunta con bel tempo: come dire, la manna del cielo per chi ha voluto muoversi.

 

Che dire di Venezia? Vittorio Bonacini, presidente dell’Ava (Associazione veneziana albergatori), è stato vittima di un gustoso errore cronistico: Il Gazzettino, popolare quotidiano veneto, l’ha ribattezzato Stefano Bonaccini, evidentemente scambiandolo per un altro Presidente, quello della Regione Emilia Romagna. Ma la cosa non lo sconvolgerà, dato che è alquanto soddisfatto delle prime parentesi vacanziere della sua città, pur preferendo toni equilibratamente scaramantici: “I segnali sono ottimi, ma non mi sbilancio. Certo è che non possiamo neppure parlare di situazione pre-Covid: stiamo andando oltre il risultato di quando il termine pandemia non faceva parte del linguaggio quotidiano”. Che il settore turistico, lentamente e con pazienza, stia tornando finalmente ai livelli del 2019? Certo, sembrano essersi rivisti i tanto amati turisti americani, da sempre a loro volta innamorati delle gondole e del ponte dei Sospiri. Già a fine aprile, United Airlines aveva annunciato il ripristino del collegamento diretto stagionale tra Venezia e New York/Newark.

 

Per il ponte del Primo Maggio, o comunque per le date a esso prossimo, gli albergatori veneziani hanno comunicato che i turisti a stelle e strisce sono stati almeno il 17% delle presenze estere complessive nella città lagunare. Gli stessi gestori ammettono che i loro hotel erano in gran parte esauriti anche prima di quel weekend. Mica male.

 

Sulla questione, è particolarmente interessante un approfondimento di Dario Di Vico, pubblicato proprio ieri, mercoledì 3 maggio, dal Corriere Economia. Di Vico riconosce anzitutto “l’effervescenza della mobilità turistica in Italia che ormai non conosce quasi calendario”. Tradotto: nel Belpaese ormai non si fa solo turismo estivo o settimana bianca invernale, ma ci si sposta quasi ogni fine settimana, in un vero e proprio perpetuum mobile.

 

Sbornia turistica paragonabile al 2019 pre-Covid dunque? Forse non ancora, ma ci stiamo avvicinando, vaticina Di Vico, che fa notare come l’atteggiamento mentale dell’uomo più o meno comune sia tuttora quello di una vera ricerca di evasione: “La società italiana è uscita dal Covid con una rivisitazione delle sue gerarchie di spesa e sicuramente la mobilità ha scalato posizioni ed è andata in testa, è considerata trasversalmente una priorità da soddisfare anche a costo di mettere sotto rigido controllo altro tipo di consumi”.

 

Visto che, come dice lo stesso collega, al “turismo passivo” si sta sempre più sostituendo il “viaggio come esperienza”, risulta meno marziano constatare come per viaggiare, dopo il biennio nero della pandemia, la gente sia disposta a fare più sacrifici, a indebitarsi persino. Tanto vale allora intervenire sul settore: riaprire gli alberghi che nel 2020 chiusero, sanare i colli di bottiglia logistici e viabilistici, e magari risolvere il sempre più scottante problema del personale da trovare. Ci vuole una sinergia tra operatori e Governo. Un miracolo? Sognare non costa niente.