Un fatto di cronaca, l’ennesimo, incentrato su commenti in internet fasulli e truffaldini, ha acceso di nuovo i riflettori sulle segnalazioni web. Ancora oggi, infatti, non sono in alcun modo verificabili. A quando una legge per normarle?
di Elisa Tonussi
Diceva di essere un avvocato. Offriva un servizio accattivante per i ristoratori: previo pagamento di qualche centinaio di euro, era in grado di rimuovere commenti negativi pubblicati online in breve tempo. Anzi, brevissimo. Al punto che il titolare di un locale di Firenze, che a lui si era rivolto per ripulire le pagine sulla propria attività, insospettito dall’eccezionale rapidità con cui sparivano le recensioni, ha segnalato il fatto, facendo scattare, ormai nel 2018, un’indagine della polizia postale. Dagli accertamenti era emerso che a scrivere, pubblicare e rimuovere i commenti negativi era un’agenzia lombarda riconducibile all’avvocato stesso. Tuttavia, l’impossibilità di stabilire una corrispondenza tra gli indirizzi Ip da cui partivano i messaggi non ha permesso di attribuire all’avvocato indagato la paternità dei commenti. Qualche giorno fa, dunque, la Procura di Rimini ha chiesto l’archiviazione del caso.
Il fatto è stato riportato sulle pagine de Il Gusto, ma, di vicende simili a questa, negli anni, se ne sono verificate parecchie. Di alcune abbiamo parlato pure noi. D’altra parte, quella delle recensioni online è una vera e propria giungla, dove tutto è apparentemente concesso: chiunque commenta, protetto dall’anonimato del web, nessuno controlla. Scattano quindi accese liti tra clienti rancorosi e ristoratori malmostosi; si leggono critiche al veleno di avventori delusi per una cena al di sotto delle aspettative; abbondano lunghe recensioni di critici gastronomici mancati. Il limite tra il diritto di esprimere una libera opinione e la diffamazione è labile. A tal proposito, su ogni numero della nostra rivista, potete leggere lo stupidario Tripadvisor e i nuovi mostri, una raccolta tanto divertente quanto tragica dei commenti più bizzarri scovati in rete.
È il bello e il brutto del web: uno spazio infinito, a disposizione di utenti e imprenditori, per fornire e cercare informazioni. C’è chi se ne approfitta da ambo le parti. In un luogo simile, infatti, il terreno è fertile per condurre azioni truffaldine, a mezzo recensione, a danno di ristoratori e pure di clienti, che hanno certamente il diritto di confrontarsi con segnalazioni autentiche. Per l’avventore, il danno provocato da recensioni oltremodo positive è di incorrere in una bella fregatura, e quindi in una cena rovinata. Poco male, in fin dei conti. Al contrario, però, anche un solo commento, specialmente se negativo o fasullo, può costare molto caro a un ristoratore.
Ce ne aveva parlato Vincenzo Colao, ristoratore romano vittima di ritorsioni per aver rifiutato di acquistare un pacchetto di recensioni online. Avevamo raccontato la sua vicenda in una lunga intervista qualche mese fa e ci aveva rivelato un ulteriore aneddoto. “Una mia collega ha dovuto spendere circa 800 euro per analizzare dei cibi, perché degli stranieri a fine cena hanno detto che avevano pagato troppo, e il giorno dopo hanno scritto una recensione in cui dicevano di essere stati tutti male”, raccontava. “Ha potuto così rispondere rendendo noti i risultati e pubblicando le analisi. Ha chiesto di togliere la recensione, ma non c’è riuscita. E ha dovuto spendere già 1.600 euro di avvocato solo per provare a parlare con Google. Perché quando si segnala una recensione sospetta, o scorretta, nessuno ti risponde”.
Avevamo osservato la dimensione dei fenomeni mediatici che una sola recensione può generare con la drammatica vicenda di Giovanna Pedretti, la ristoratrice lodigiana trovata morta lo scorso gennaio, pochi giorni dopo essere stata protagonista di una polemica sul web. Ripercorriamo velocemente i fatti: aveva risposto, cantandole, a un commento omofobo e abilista pubblicato sulla pagina Facebook del suo ristorante. Era stata enormemente elogiata online, tuttavia il commento in questione era presto risultato non essere autentico. Da paladina della giustizia, in poche ore, era diventata un’impostora. Poi il ritrovamento del corpo senza vita. In questi mesi, la Procura di Lodi ha indagato e rilevato che non vi è stata alcuna istigazione al suicidio. La vicenda, però, ha chiaramente messo in luce i limiti delle recensioni online: l’identità di chi scrive e la veridicità dei commenti non sono oggi in alcun modo verificabili (solo alcune piattaforme, come The Fork, consentono di commentare esclusivamente ristoranti dove si ha almeno effettuato una prenotazione).
All’epoca dei fatti la ministra del Turismo, Daniela Santanché, si era più volte espressa sulla necessità di regolamentare le recensioni online. Sembrava pure che il Governo fosse già al lavoro su una stretta, che, però, non è mai arrivata. Eppure le associazioni di settore – Fipe, Federalberghi e Confindustria Alberghi – si sono dette favorevoli a una norma che regoli i commenti sul web. A che punto siamo, quindi?