La 54esima edizione della fiera vinicola, in scena dal 10 al 13 aprile, nasce con grande fermento. Risalto alle maggiori tendenze del momento. Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, ci offre qualche anticipazione.
di Tommaso Farina
“Vedo un clima fiducioso. E se c’è fiducia in questa fiera, vuol dire che c’è più fiducia in tutto il mondo”: Vinitaly 2022 avrà inizio domenica 10 aprile. E Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, non nasconde che l’entusiasmo è a mille. Grande è l’attesa per quello che, a tutti gli effetti, è un vero e proprio ritorno del Vinitaly nella forma col quale abbiamo imparato a conoscerlo negli scorsi decenni: prima la pandemia l’ha bloccato, poi le aziende hanno reclamato a gran voce la necessità di un appuntamento che per buyer e operatori era diventato ormai una consolidata abitudine. Dopo l’anteprima di giugno 2021, salutata da un rispettabile afflusso di buyer nonostante coinvolgesse soltanto il piccolo padiglione di quello che era il mercato ortofrutticolo, a ottobre 2021 si è svolta la Special Edition: un Vinitaly ridotto ma non troppo, e soprattutto molto più focalizzato agli affari, con un clima felpato e tranquillo di cui gli operatori, direttamente interpellati anche da noi, si sono dimostrati a dir poco entusiasti. Il Vinitaly che sta per partire nasce dunque sotto ottimi auspici. Ce lo conferma lo stesso Mantovani, che abbiamo raggiunto con una telefonata.
Allora, che ci si aspetta dal ritorno in pompa magna di Vinitaly?
Sicuramente le aziende non stavano più nella pelle e avevano una grossa aspettativa. Aspettativa che si è concretizzata in un’adesione massiccia. Oserei dire che, come numeri, siamo ai livelli di Vinitaly 2019, cioè l’ultima edizione a essersi svolta nelle modalità consuete, prima della pandemia. Del resto, che ci fosse fermento è una realtà documentata. Agli inizi di marzo, con Fieragricola, ne abbiamo avuto un saggio: aziende molto soddisfatte, presenze da 80 Paesi del mondo. E per restare al settore vino, si può toccare con mano la voglia di fiere e di incontri anche esaminando altre realtà: per esempio, l’edizione parigina di Vinexpo, in cui il clima era rilassato, e la psicosi da Covid sembrava almeno in parte archiviata.
Oggi però, come purtroppo sappiamo, sono entrati in gioco nuovi problemi…
La guerra in Ucraina, certo, è stato l’epicentro di una nuova crisi. Ma il vero corollario della faccenda è una grande instabilità dei mercati internazionali. Questo Vinitaly sarà, una volta di più, un test per saggiare l’andamento del mercato globale: ricordiamo che quello del vino è una voce importante dell’export agroalimentare italiano.
Vinitaly ha messo in atto un’importante campagna centrata sull’incoming dei buyer. Potete dire che questo lavoro ha dato qualche frutto?
Abbiamo investito quattro milioni di euro a questo scopo, il che rappresenta uno stanziamento storico, senza dubbio. Certo, occorrerà mettersi l’animo in pace: probabilmente, non dobbiamo attenderci una presenza massiccia di operatori dalla Cina, anche se qualcuno non mancherà.
E dal resto del mondo?
Abbiamo stilato una lista di 500 top buyer. C’è già l’adesione di delegazioni che coprono le aree di Canada, Usa con particolare riguardo a Midwest, West Coast e Texas, oltre che Singapore, Malaysia e, per l’Europa, Paesi scandinavi, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Svizzera e da alcune aree tra le più interessanti dell’Est Europa, come la Polonia. Stiamo attuando azioni importanti anche nel Regno Unito del dopo Brexit: un mercato che rimane molto interessante pur con andamenti a macchia di leopardo a seconda del prodotto. Inoltre, in questi giorni abbiamo chiuso un accordo di collaborazione strategica con alcune aziende espositrici per l’attuazione di un ulteriore piano straordinario di incoming. Le aziende sono state ben liete di collaborare. E non manca neppure l’attenzione di mercati emergenti: il Messico, per esempio. O certi Paesi africani, come il Kenia, il Mozambico, il Camerun. Inoltre, grazie alla cooperazione col ministero degli Affari esteri e dopo la modifica delle regole dal 1° marzo, è confermata anche la presenza di operatori provenienti dal Giappone, mercato strategico.
Cosa troverà il visitatore al Vinitaly numero 54?
Avrà, in forma estesa, quello che ha già visto l’ottobre scorso: una manifestazione sempre più orientata al business to business. Più che ai numeri, che pure non vanno ignorati, puntiamo sulla qualità. E la soddisfazione delle aziende e degli operatori professionali per l’impostazione del Vinitaly Special Edition ci ha ancora più persuaso che si tratta della giusta strada da percorrere. I sistemi di controllo ci consentono di monitorare precisamente le presenze e le provenienze dei visitatori. Possiamo dire che chi metterà piede al Vinitaly 2022 sarà una persona qualificata, e in molti casi sarà un operatore scelto in collaborazione con le aziende.
Qualche anticipazione di quello che si vedrà?
Da un punto di vista espositivo, daremo risalto alle maggiori tendenze. Dopo la prova generale di ottobre e il suo ottimo riscontro, il salone dedicato alla mixology e al bere miscelato farà il suo esordio ufficiale, e sarà importante: si tratta di un settore che fa presa, specialmente sui giovani. Avremo poi un occhio di riguardo verso tutto il mondo del sostenibile e del biologico, che sta molto a cuore al mercato nordamericano. Ci sarà un focus sugli orange wine, che ormai sono cresciuti fino a essere ben più d’una nicchia. Poi, il tradizionale appuntamento con OperaWine quest’anno sarà caratterizzato da una novità: da 100 che erano, i vini d’eccellenza premiati da Wine Spectator diventeranno 130. Questo non vuol dire allargare i paletti, anzi: siamo uno dei Paesi di riferimento per il vino in Nordamerica, il nostro prodotto rappresenta un terzo del loro mercato e ha avuto un balzo di valore del 18%. Ciò spiega perché la selezione contemplerà più etichette. Da ultimo, il consumatore si troverà di fronte il consueto ‘fuorisalone’ rappresentato dagli eventi di Vinitaly and The City, che coinvolgeranno la città di Verona.