Un disinvolto ‘organizzatore’ è stato appena condannato: ha spillato 1.000 euro a 128 aspiranti concorrenti di un fantomatico show televisivo incentrato su sfide tra cuochi. Era tutto falso. La folla presente al casting però era vera: nessuno vuol fare più gavetta, anche a costo di farsi ingannare?

 

di Tommaso Farina

 

“Una volta, se si vedeva un uomo vestito di bianco in televisione era il Papa. Adesso, è uno chef”: mio padre, giornalista di lungo corso, proprio oggi mi ha regalato questo divertente assaggio del suo sagace umorismo. È proprio vero: la sbornia televisiva dei cuochi non cessa di crescere, e con essa l’indotto collegato. Così, capita anche che qualche personaggio di pochi scrupoli voglia inzupparci il pane. È proprio di questi giorni la notizia della conclusione dell’iter giudiziario che ha visto protagonista una signora romana col diploma da sommelier e un astuto praticone, tale G. V.: un tale che ha architettato un imbroglio da far impallidire i due protagonisti de Il Genio della Truffa.

 

In pratica, nel 2019 la donna, sulla cinquantina e appena diplomata sommelier, risponde a un annuncio sfavillante. È in programma un nuovo, mirabolante show televisivo per scoprire talenti culinari da lanciare. Prodigi dei fornelli che dovranno sfidarsi in una gara all’ultima padella. Ricchi premi e cotillons in palio: un milioncino, utile per mettere in piedi il ristorante dei sogni. Segni particolari: è una purissima bufala. Il signor G., che pare essere l’organizzatore del tutto, secondo la giudice Chiara Bocola ha messo in piedi un discreto apparato: uno chef stellato (incolpevole, pare) tra i giudici, dure giornate di casting e selezione in un albergo romano all’Eur. Il nome del presunto show televisivo è tutto un programma: One Million Restaurant. Il milione in questione, naturalmente, sarebbe il premio in danaro. La neo-sommelier piena di aspettative si mette in contatto, vuole partecipare. Le viene dato un appuntamento per il 25 giugno 2019, all’Hotel Oly, poco lontano dalla Cristoforo Colombo. Ci si presenta, trovandosi in mezzo a un’autentica bolgia di concorrenti. Strano, vero? All’epoca, la crisi di mancanza di personale nella ristorazione non era acuta come lo è oggi, ma certamente la situazione non era troppo rosea. Eppure, per andare a spignattare in televisione, ecco che si presenta il mondo intero.

 

L’organizzazione sembra seria: viene davvero fatto un casting, almeno a sentire l’aspirante concorrente, che lo supera. Contenti tutti? Non proprio: la produzione, o quella che sembra tale, le chiede una cauzione di 1.000 euro, “per sostenere i costi di produzione”. La cosa puzza di bruciato: possibile che uno show simile, che promette ricompense sonanti, chieda il contributo volontario? La sommelier si mette l’animo in pace: “Ci dissero che la somma ci sarebbe stata restituita nel giro di 30 giorni”. Facciamo mente locale: il format del ‘programma’, stando alla promozione, prevede 16 squadre, ognuna composta di 8 concorrenti. Dunque, 128 persone: moltiplicato per mille, ecco muoversi un gruzzoletto di 128mila euro. Tutto bene, comunque. Senonché, dopo aver sborsato, ecco la sorpresa: l’organizzatore sparisce nel nulla, non si fa trovare, fa il pesce in barile, la sua email diventa più muta di Buster Keaton. Accidentaccio, sarà mica un furbastro? Oltretutto, i soldi che ha incassato potrebbero non essere stati solo 128mila euro: se i presenti al casting fossero stati più di 128, e se a tutti avessero comunicato di aver passato la prova, avrebbe totalizzato un bottino anche maggiore. Tanto chi l’avrebbe mai saputo? Basta prendere e sparire. Per soprammercato, il sito web dello show, fino a qualche tempo fa, era ancora visibile. Oggi, dopo la mala parata giudiziaria, è stato oscurato: il disinvolto ‘produttore televisivo’ è stato condannato a nove mesi di carcere per truffa. E benedetta sia la sospensione condizionale della pena.

 

Una storiaccia che in un certo senso ha avuto un lieto fine: il truffatore è stato smascherato. Ma che dà da pensare. Possibile che un mestiere faticoso, seppur gratificante, come la ristorazione, oggi sembri interessare solo se passa dal tappeto rosso dello spettacolo? La folla presente al casting è rivelatrice: la gavetta sembra fuori moda. Non siamo di quelli che teorizzano l’autoflagellazione e il cilicio, ma nemmeno crediamo che lavorare in cucina o in sala sia un optional da dopolavoro, un mestiere da improvvisarsi solo perché si ha qualche qualità più o meno nascosta. I cooking show catodici attirano attenzione su quel mondo, certo: ma accertiamoci che lo facciano nel modo giusto. Sennò la doccia fredda è dietro l’angolo.