Non cessano di aumentare i costi di energia elettrica, gas e materie prime. Il direttore generale di Fipe-Confcommercio parla dei sostegni necessari. Ma anche di come i protagonisti del settore devono cambiare.

 

di Elisa Tonussi

 

4,7 miliardi di euro. A tanto ammonterà il costo di energia elettrica e gas nel 2022 per i ristoranti italiani. Sempre che nei prossimi mesi non si registrino ulteriori aumenti. A divulgare il dato è la Fipe-Confcommercio. Infatti, se nel 2021 un ristorante spendeva in media 11mila euro per l’energia, quest’anno la cifra lieviterà a 25mila. È da un anno ormai che i costi di approvvigionamento sono in progressivo aumento. E, nel secondo trimestre 2022, anche le materie prime alimentari hanno registrato importanti incrementi: +51,8% rispetto al 2021. Materie prime che, talvolta, sono persino introvabili. Sono necessarie nuove forme di sostegno per i ristoratori. Ma, per affrontare, presente e futuro, serve anche che siano gli stessi ristoratori a cambiare. Ne parliamo con Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio.

 

Quali attività stanno soffrendo maggiormente a causa degli aumentati costi di energia elettrica e materie prime?

In Italia le attività ristorative sono per lo più a conduzione familiare. A esclusione di Milano, che è un caso a sé per maturità e sviluppo del mercato della ristorazione. Sono importanti attori del tessuto economico nazionale, oltre che culturale, visto che un ristorante, tra personale di sala, cucina e logistica, offre un impiego ad almeno 15 persone.

 

Quale clima si respira tra gli operatori del settore?

C’è da dire che per le attività ristorative i fatturati sono mediamente positivi e in ripresa rispetto al 2021. L’attuale congiuntura economica, però, erode enormemente i margini dei ristoratori, che talvolta rischiano di lavorare in perdita. Tra gli operatori del settore, dunque, si respira certamente un’aria positiva e di fiducia per il futuro, vista la ripresa del turismo. Non manca, però, preoccupazione per i costi del lavoro.

 

Quali aiuti sono stati erogati per sostenere le attività del settore della ristorazione?

Le attività ristorative, come qualsiasi altra attività economica, hanno potuto accedere agli aiuti statali per affrontare l’ondata di rincari: il taglio dell’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda energia elettrica e gas e la riduzione delle accise. Ma è stato sottovalutato l’impatto del costo dell’energia nelle attività di servizio come la ristorazione, dimenticando che sono estremamente energivore.

 

Perché, secondo lei, il settore non riceve l’attenzione che meriterebbe?

Credo che alla base del problema ci sia, paradossalmente, il fatto che questo Paese non ha mai considerato la ristorazione come un’attività di tipo economico. Bensì come un’attività di costume e di cultura. Ciò perché la diamo per scontata. Durante la pandemia, con le chiusure imposte, ci siamo resi conto, invece, che la filiera agroalimentare ha nella ristorazione un importantissimo canale di vendita e che bar e ristoranti hanno un fondamentale valore sociale per le nostre città e il turismo.

 

Quali aiuti sarebbe necessario fornire immediatamente ai ristoratori?

Bisogna innanzitutto intervenire sui costi. Con dei tassi di inflazione così alti, bisogna tagliare il cuneo fiscale, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro. Ciò consentirebbe alle aziende di assumere nuovo personale. Dobbiamo, poi, colmare le debolezze di questo settore. Lavorando, in primis, sul rafforzamento patrimoniale delle attività ristorative: un buon legislatore potrebbe predisporre una fiscalità di favore per non affossare le aziende, che sono sottocapitalizzate rispetto al volume d’affari che generano.

 

È forse il caso di parlare anche di formazione dei ristoratori?

Bisogna sicuramente intervenire sulle competenze professionali: il ristoratore non è solo una persona che sa cucinare. È anche, e soprattutto, una figura che sa gestire i rapporti con i fornitori, con il sistema bancario, con i lavoratori. Insomma, bisogna abbandonare l’immagine idealizzata del cuoco con la palandrana sporca di sugo. E investire sulla formazione degli imprenditori della ristorazione. Favorendo l’ingresso di nuovi attori nel settore.

 

Mi sembra di capire che la parola chiave per il presente e il futuro della ristorazione sia ‘pragmatismo’.

Pragmatismo, certamente. E serietà. Se veramente si vuole che questo settore cresca, devono crescere anche gli attori che lo costituiscono: gli imprenditori.