Gli Ambasciatori del Gusto non hanno intenzione di fermarsi. E seguiteranno a chiedere al Governo di essere ascoltati. Parola di Cristina Bowerman, la presidente. Che ha qualcosa da dire sui ristori. E ai suoi colleghi.

 

di Elisa Tonussi

 

Gli Ambasciatori del Gusto continueranno a farsi sentire. A confermarlo è la loro presidente. Insieme abbiamo immaginato di poter incontrare il neoministro all’Agricoltura, Stefano Patuanelli. E ci ha rivelato cosa sarebbe pronta a spiegarli. A cominciare dal significato della parola ‘ristori’. Chef Bowerman si rivolge anche ai propri colleghi, invitandoli a rimanere uniti. Nell’ultimo anno, infatti, non tutti i mali, forse, sono venuti per nuocere: la pandemia ha fatto della ristorazione un settore sicuramente più unito.

 

Nell’ultima lettera al ministro Patuanelli, come Ambasciatori del Gusto scrivete: “Offriamo il nostro punto di vista e le nostre competenze per collaborare in modo attivo e proficuo per tutti”. Avesse la possibilità di incontrare il ministro domani, cosa gli chiederebbe innanzitutto?

 

Chiederei, per prima cosa, di svolgere un colloquio sincero e trasparente sul nostro mondo, quello della ristorazione. Di cui chi ci governa non sa assolutamente nulla. È evidente che hanno un’idea deviata, spesso non vera, del mondo della ristorazione. Soprattutto se messo in relazione all’intera filiera agroalimentare. Chiederei di avere un incontro per consultarci e darci modo di spiegare quello che ci sta succedendo e cosa significa far parte del mondo della ristorazione in tutte le sue forme: ristoranti, bar, pub, gelaterie, pasticcerie.

 

Sarò io a chiederglielo: cosa significa essere parte del mondo della ristorazione?

 

Faccio una premessa: io, come Cristina Bowerman, sono chef e proprietaria di ristoranti, dunque faccio parte del mondo della ristorazione. Esserne rappresentante, però, è un altro paio di maniche. Il mondo della ristorazione è complesso, sfaccettato, a volte controverso. E sicuramente genera un’importante parte del Pil italiano. Come rappresentante di questo settore, mi rendo conto che proteggere la filiera agroalimentare, e tutto il mondo della ristorazione, significa essere partecipi dell’evoluzione e dello sviluppo dell’economia del nostro Paese. Nonché della cultura italiana. Ciò implica sicuramente una grande responsabilità.

 

Nella lettera, parlate anche dei ristori, che devono essere dei “veri e propri fondi da ricostruzione”. Da cosa deve partire la ricostruzione del settore?

 

Vorrei, innanzitutto, eliminare la parola ‘ristori’. Anche perché nell’ultimo decreto vengono menzionati, ma, in realtà, non ne sono mai stati emessi. Per la ripartenza, però, non è necessario semplicemente un ristoro. Che altro non è che un tappabuchi dei debiti accumulati. Occorre poter investire per il futuro. Ed è totalmente diverso. Significa avere la possibilità di ristrutturare il ristorante, cambiare parzialmente il proprio business, avere le spalle coperte per l’anno successivo…. Vorremmo che i fondi per i ristoratori fossero un vero e proprio strumento di rilancio. Basta, quindi, parlare di ‘ristori’. Siamo arrabbiati e delusi. Il Governo ha ordinato di chiudere e noi abbiamo obbedito. Allo stesso tempo, però, non ci sono venuti in soccorso in alcun modo.

 

Cosa pensa di chi protesta contro le chiusure aprendo la propria attività, disobbedendo ai divieti?

 

Come Ambasciatori ci siamo totalmente schierati contro qualsiasi forma di violazione delle ordinanze governative. Non pensiamo che il forcone in piazza possa in qualche maniera cambiare il corso degli eventi. Tutte le scelte devono essere compiute nell’ambito della legalità.

 

Non crede, però, che debba essere intrapresa un’azione più forte da parte degli Ambasciatori, pur nel rispetto delle norme?

 

Credo che di azioni forti, nel rispetto delle norme, ne abbiamo attuate più di una volta. Attraverso campagne di sensibilità, con il supporto dei giornalisti, rivolgendoci direttamente al Governo con le nostre lettere, lavorando insieme alle altre associazioni. Il resto dipende dalla sensibilità di chi sta al Governo e dalle priorità che viene data alla nostra battaglia.

 

Siete mai stati ascoltati dalle istituzioni?

 

In parte sì, in parte no. In alcune occasioni abbiamo potuto dare le nostre opinioni e siamo stati ascoltati. In altre non abbiamo ricevuto alcun riscontro. Dalla crisi di Governo a oggi, credo che nessuna associazione di categoria sia ancora stata ascoltata.

 

In quali occasioni sono stati ascoltati?

 

Siamo sicuramente orgogliosi di essere stati i principali sostenitori del Fondo Bonus Ristorazione: è la prima volta che una misura così concreta viene realizzata in Italia.

 

Come Cristina Bowerman, come ha vissuto quest’ultimo anno?

 

È stato un anno di grande riflessione sul mondo della ristorazione e sul cibo. Ho pensato a lungo alla mia carriera. Come e dove si muoverà il settore? Cosa succederà? Come posso garantire ai miei figli un futuro?

 

E ha trovato una risposta a queste domande?

 

Non credo che esista una risposta univoca. Se penso al solo mercato, credo semplicemente che occorra adattarsi ai cambiamenti. Se penso, però, a come sarà il mondo che ci circonda, non so darmi una risposta.

 

Come si è adattata dunque in questi mesi?

 

Offro un servizio di delivery, ho modificato gli orari di apertura e limitato gli accessi al ristorante. Ho fatto molti calcoli sul food cost e sui costi fissi, così da sopravvivere.

 

In conclusione, quale messaggio vuole lanciare ai suoi colleghi?

 

Non abbandoniamo la direzione che abbiamo preso finché la situazione non si normalizzerà! Anche se, ascoltando le notizie, è sempre più difficile capire quando arriverà quel momento. Spero che anche allora sapremo mantenere la direzione che abbiamo intrapreso in questo periodo: di collaborazione, di totale trasparenza. L’unione fa la forza. E questa forza ci consentirà di essere ascoltati. Insomma, basta pensare ciascuno al proprio orticello!

 

Trova quindi che il settore sia diviso?

 

Lo era in passato. Oggi lo è sicuramente molto meno. Tra le tante cose negative di questo periodo, questo è forse l’unico insegnamento positivo che abbiamo ricavato.