Burde, storica trattoria fiorentina, abolisce lo storico balzello da 2,50 euro a testa. Motivo? Dà fastidio al cliente, e lo inibisce dal dare ulteriori mance al personale. Una scelta che certo non sarà antipatica agli avventori.

 

di Tommaso Farina

 

Ma davvero fa notizia il fatto che un ristorante decida di non far pagare più il coperto ai suoi clienti? A quanto pare, sì. Poco meno di un mese fa, la storica Trattoria Da Burde, di Firenze, l’ha fatto: ed è finita sui giornali. È vero: Burde non è un locale qualunque. Il ristorante della famiglia Gori è stato aperto nel 1901, e col tempo ha consolidato la fama di vero sacrario della cucina fiorentina, oltretutto ben distante dagli stravizi della cucina turistica, ubicato com’è in una zona popolare e ben poco centrale della città medicea. Le citazioni sulle più importanti guide del settore parlano chiaro. Il nostro giornale ha ospitato pure un’intervista ad Andrea Gori, uno dei due gestori, che si occupa del vino ed è, sull’argomento, una delle voci più ascoltate in Italia. Paolo Gori, suo fratello, sta in cucina, e in un’altra intervista ha spiegato la sua convinzione: quel balzello di 2.50 euro, nemmeno troppo elevato, ha fatto il suo tempo. Il coperto, secondo Paolo Gori, è un anacronismo che a molti clienti dà parecchio fastidio: “A monte c’è la percezione negativa di questo storico sovrapprezzo, tendenzialmente visto come un mezzo del ristoratore per approfittarsi dei clienti. Di solito, invece, consente a malapena di coprire i costi d’acquisto del tovagliato”. E sì che da Burde il coperto avrebbe maggior ragion d’essere che non altrove: sui tavoli ci sono tovaglie bianche, da trattoria tradizionale, non ancora soppiantate da runner o tovagliette di carta. E in effetti, su Tripadvisor ma anche fuori da lì, l’insoddisfazione per certi ‘coperti’ incomprensibili è palpabile: ad alcuni commensali, in altri ristoranti, è capitato di dover scucire 4 euro per mangiare nemmeno su un fazzoletto cartaceo, ma proprio sulla nuda tavola, senza niente. In tal caso, è difficile giustificare una spesa così alta, e nemmeno la presentazione di un pane particolare riesce a far cambiare idea al cliente.

 

Il pane, peraltro, è un escamotage che in passato è servito a molti ristoratori per imporre cifre extra. Vi ricordate la legge 21/2006 della Regione Lazio? “Nella somministrazione è vietato applicare costi aggiuntivi per il coperto”. Bene, bravi, bis. Ma si sa: fatta la legge, trovato l’inganno. Il legislatore laziale si sofferma su altri costi aggiuntivi diversi dal coperto? No. Una cosa che non è vietata, è permessa. Dunque, dopo il varo della norma, ecco apparire sui menù dei ristoranti romani tutta una serie di foglie di fico, chiamate pudicamente ‘Cestino del pane’. A pagamento.

 

Personalmente, apprezziamo i ristoranti, anche costosi (anzi, di solito sono loro a mettere maggiormente in pratica questa scelta), che presentano al cliente il solo prezzo dei piatti, già ‘caricato’ di eventuali spese. Per la sua scelta, Paolo Gori però fa presente anche un’altra motivazione: “Da Burde abbiamo eliminato il coperto e incoraggiamo il cliente a lasciare mance a sua completa discrezione. Poi le distribuiamo ai ‘soggetti terzi’ (nel nostro caso, la squadra) attraverso la busta paga, con una minima tassazione che finalmente non grava sull’insegna. Semplificando al massimo, incassa il ristoratore e versa ai dipendenti. Potremmo definirla un’integrazione del reddito attraverso le mance, per certi versi simile al modello americano, sebbene non direttamente paragonabile alla situazione negli Usa”. Decisamente interessante, però con una postilla. Ci viene da dire: per fortuna non è direttamente paragonabile agli Stati Uniti. In America la prassi è degenerata a tal punto da aver tramutato la mancia in una vera e propria tassa obbligatoria (non “a completa discrezione”, come da Burde), e molto più onerosa di un coperto da 3 euro, giungendo anche al 18% dell’importo totale (a testa…). Quel che conta è non far scappare i clienti. Il sistema di Burde ci sembra decisamente amichevole, anzi friendly, direbbero oltremare. Così come lo sono i prezzi del locale, che per la maggior parte dei suoi primi piatti chiede cifre inferiori ai 10 euro, e in cui perfino la fiorentina è tra le più convenienti in città: 55 euro al chilo. Ogni mossa per non sembrare nemici di chi viene a mangiare è benvenuta. Dunque: bravi Gori.