L’agriturismo valtellinese La Fiorida, che ospita il ristorante stellato La Présef, ha recentemente introdotto importanti innovazioni. A dimostrazione che tecnologia e alta cucina possono essere un binomio vincente e sostenibile. Ne parliamo con la titolare Viola Vanini.
di Elisa Tonussi
Alta cucina e tecnologia possono essere un binomio vincente. Lo ha recentemente dimostrato la famiglia Cerea, che ha inaugurato, presso il ristorante Da Vittorio di Brusaporto (Bg), una vertical farm per la coltivazione di ortaggi e vegetali con tecniche di agricoltura idroponica. Lo sa bene anche la famiglia Vanini, titolare dell’agriturismo La Fiorida di Mantello, in Valtellina, che comprende anche il ristorante stellato La Présef. La struttura ha ottenuto anche una stella verde per la sostenibilità. È infatti un perfetto esempio di economia circolare, che include un allevamento moderno e meccanizzato, una caldaia a biomasse, un caseificio e un macello. E la cucina, ovviamente. Ne parliamo con la titolare Viola Vanini.
Parliamo innanzitutto della stalla moderna e meccanizzata che avete installato presso il vostro agriturismo. In che cosa consiste?
È un progetto iniziato quasi sei anni fa e recentemente inaugurato. La stalla, che prima occupava 2mila metri quadrati, copre una superficie, ora triplicata, di circa 6mila metri quadrati, pur avendo mantenuto invariato il numero di animali: 120 in mungitura. La progettazione ha richiesto cinque anni: abbiamo girovagato per l’Europa, l’America e Israele perché volevamo disporre delle tecnologie più all’avanguardia disponibili per gli allevamenti da latte.
Quali tecnologie avete introdotto?
Innanzitutto, abbiamo inserito una lettiera in sabbia. Un macchinario, chiamato ‘bedding cleaner’, ci permette di rimuovere la sporcizia dalla superficie della sabbia, affinché le vacche possano sempre dormire al pulito, riducendo così il rischio di infezioni e dunque l’utilizzo di antibiotici. Abbiamo poi introdotto i robot di mungitura, che consentono la mungitura degli animali 24 ore al giorno e un carro automatico di alimentazione, il ‘vector’, che carica 17 volte al giorno il fieno per nutrire le vacche. Con la nuova stalla, infine, abbiamo esteso l’utilizzo di pannelli fotovoltaici, che, insieme alla caldaia a biomasse e al biogas, ci consentirà di coprire l’85% del fabbisogno energetico dell’intera azienda.
Un perfetto esempio di economia circolare…
Assolutamente. Utilizziamo anche l’acqua di scarto della caldaia a biomasse per riscaldare l’acqua di abbeveraggio per le nostre vacche. Un altro esempio: il siero di scarto del caseificio viene utilizzato per l’alimentazione dei nostri maiali.
Quanti e quali animali allevate?
Abbiamo 200 vacche di razza bruna, tanto che siamo recentemente entrati nel Consorzio disolabruna, che garantisce che i prodotti lavorati in azienda derivino esclusivamente da latte di razza bruna. Alleviamo poi 300 maiali e un centinaio di capre di razza camosciata delle Alpi.
Quali i benefici per gli animali derivanti dalle tecnologie adottate?
Ogni innovazione introdotta è volta a migliorare il benessere delle nostre vacche, di conseguenza ne prolunghiamo la longevità in allevamento e quindi la qualità del loro latte, tutelando in ultima istanza il benessere dei nostri clienti.
E per chi lavora nelle stalle?
Abbiamo sicuramente favorito anche il benessere dei nostri ragazzi perché, grazie a queste innovazioni, non è più necessario che siano in stalla alle 4.30 del mattino. Allo stesso modo, di sera, possono soffermarsi meno a lungo. Possono così conciliare al meglio lavoro e tempo libero.
Cosa vi ha spinti a fare del vostro agriturismo un agriturismo hitech?
Di sicuro, uno degli aspetti che più sta a cuore a me e alla mia famiglia è il benessere dei nostri animali. La nostra stalla non era vecchia, aveva vent’anni, ma all’epoca non esisteva la sensibilità odierna verso il tema del benessere animale. Ci siamo resi conto che era necessario innovare. Non ci fermeremo al solo allevamento: abbiamo già in programma il rinnovamento anche dell’area ospitalità e la formazione del personale. Il nostro obiettivo è diventare un punto di riferimento, sia per la parte produttiva, sia per l’ospitalità.
Parliamo dell’aspetto economico. L’investimento vale il risultato?
L’investimento è stato fatto con l’obiettivo che si ripaghi da solo. Se diventeremo un punto di riferimento per l’allevamento, chi del settore vorrà venire a fare visita alle nostre strutture. Ed è quello che sta già succedendo. Tutte le innovazioni, inoltre, servono a migliorare la qualità dei nostri prodotti. In tal senso facciamo un lavoro di sensibilizzazione dei nostri clienti affinché conoscano il percorso di un prodotto e ne apprezzino la qualità.
Il vostro ristorante stellato, La Présef, tra le altre cose, vanta una stella verde Michelin. In quale modo, il vostro approccio hitech migliora la sostenibilità della vostra attività?
Abbiamo attivato una serie di innovazioni che vanno a garantire l’efficienza energetica, oltre all’utilizzo delle materie prime. Inoltre, con l’impiego di attrezzature elettriche siamo andati a ridurre del 60% le nostre emissioni nell’atmosfera. La stella verde, poi, ci è stata assegnata per l’attenzione che rivolgiamo al territorio: abbiamo rapporti consolidati con piccoli agricoltori e pescatori del Lago di Como e riusciamo a offrire uno stipendio ai pensionati che, durante l’inverno, ci assistono nella ricerca di funghi. Abbiamo attivato anche un progetto, che si chiama Terra Alta, che coinvolge una piccola latteria di Mellarolo, un paesino della Valgerola: acquistiamo tutto il formaggio da loro prodotto a un sovrapprezzo, affinché possano continuarne la produzione e, con l’allevamento del bestiame, mantenere i pascoli.
Come questo approccio sostenibile e hitech, che parte dall’agriturismo, si traduce concretamente in cucina e in sala?
Il nostro menù è molto stagionale e dipende moltissimo dalle produzioni del nostro orto e dei nostri collaboratori locali. Allo stesso modo, dipende dai prodotti del nostro caseificio e del macello. Ad esempio, in questo periodo non abbiamo disponibilità di latte di capra perché gli animali sono in asciutta, dunque non è prevista alcuna portata con latte di capra.
Quali sono dunque i piatti più rappresentativi del La Présef?
Sono senza dubbio due i piatti più iconici del ristorante. Il primo è lo Gnocco: patate di montagna con cuore di Bitto Dop, burro montato, misultin del Lario e scorzette di limone. Il secondo, invece, si chiama Un sogno, un’emozione: un uovo ‘rubato nel pollaio’ con patate di Sacco, fonduta di Bitto Dop e tartufo della Costiera dei Cech. In entrambi i casi la territorialità la fa da padrona!
Per concludere, la realtà de La Fiorida con La Présef è sicuramente sui generis, ma rispecchia la sensibilità odierna verso l’ambiente e la territorialità di molti, proponendo un’idea di ospitalità al passo coi tempi. Come immagina dunque il futuro della ristorazione?
Il settore si muoverà sempre di più verso la tutela del territorio e dei suoi prodotti. Questa è l’epoca della sostenibilità e della tutela dell’ambiente e delle persone. Noi siamo stati precursori di questo concetto, che è sempre stato uno dei nostri capisaldi.
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