Per il Garante della concorrenza e del mercato, alcune clausole del contratto della piattaforma di prenotazione sarebbero vessatorie. E ha aperto una consultazione. I ristoratori concordano: l’azienda cambia le condizioni da un giorno all’altro.

 

di Tommaso Farina

 

A volte, le notizie più meritevoli d’approfondimento si nascondono tra le pieghe di comunicati e siti web per nulla messi in bella evidenza. Ed ecco qui un caso a dir poco eclatante. L’altro ieri l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Agcm), authority che tutela il consumatore dalle pratiche commerciali scorrette, ha divulgato un comunicato ufficiale dal titolo: ‘Consultazione in materia di clausole vessatorie: La Fourchette – TheFork’. In pratica, il 22 settembre l’Agcm ha annunciato di aver indetto una consultazione, ovverossia una sorta di invito a ben determinati soggetti a scrivere contributi circa una controversia in atto. La controversia riguarda i consumatori e il loro contratto con TheFork: contratto che, secondo Agcm, potrebbe contenere clausole di natura vessatoria.

 

L’Autorità garante, lo scorso 7 agosto, ha aperto il procedimento CV272 circa la popolare piattaforma di prenotazione online di ristoranti. Il motivo è dato da “alcune segnalazioni pervenute da consumatori italiani” nonché dall’“esito delle informazioni acquisite ai fini dell’applicazione del Codice del consumo”. Secondo questi consumatori, alcune delle clausole contenute nel contratto delle condizioni d’uso di TheFork sarebbero vessatorie. Una clausola vessatoria, ci insegna il diritto, è una clausola che crea un significativo squilibrio nei diritti e negli obblighi tra le parti, a svantaggio di una di esse.

 

La procedura di consultazione avviata da Agcm, che ha accolto i vari reclami, è aperta non solo alle associazioni dei consumatori, ma anche e soprattutto alle associazioni di categoria rappresentative dei professionisti, in ragione della specifica esperienza maturata nel settore.

 

E quali sono le clausole incriminate? Circa una decina, tra comma e articoli delle Condizioni d’uso: per esempio, quella che consente a TheFork di modificare le medesime condizioni a suo piacere, anche in corso d’opera. Un altro passaggio contestato è quello che, in caso di traduzione delle Condizioni d’uso in altre lingue, “prevarrà solo la versione francese” (la società che gestisce TheFork si chiama La Fourchette), e che del resto, in caso di controversia, i tribunali competenti saranno quelli di Parigi.

 

Altri punti dolenti sono il regolamento dei programmi di fedeltà, e le responsabilità sull’uso dell’applicazione: “TheFork non garantisce la funzionalità di TheFork PAY né l’accuratezza, l’affidabilità, la disponibilità o l’idoneità di TheFork PAY a soddisfare le esigenze degli utenti”.

 

L’Agcm ha dunque valutato che “le clausole descritte […] appaiono vessatorie ai sensi degli articoli 33, commi 1 e 2, lettere b), m), u) e 35, commi 1 e 2, del Codice del consumo”.

 

“È esattamente così”, rivela Vincenzo Butticè, ristoratore d’alto livello a Monza, utilizzatore di TheFork e dunque conoscitore della materia. “TheFork procede ‘inaudita altera parte’, per parlare con lessico giuridico. Ossia, senza ascoltare l’altra parte nel contratto, insomma in modo unilaterale”, aggiunge Butticè, che prosegue con un pizzico di tristezza: “L’ho toccato con mano, sono testimone diretto di condizioni di utilizzo che per noi sono cambiate dall’oggi al domani. Se devo essere sincero, sono scettico che il Garante potrà cambiare qualcosa”.

 

Immagine realizzata con IA.