Si dice che i consumatori di età più verde siano disinteressati al vino. Eppure leggono, provano, vanno alle degustazioni. La verità è che non è scemato l’interesse per il buon bere: sono i portafogli a essere diventati molto, troppo leggeri.

 

Tommaso Farina

 

Questa questione dei giovani sta diventando una roba al limite dell’ossessione”: il commento, a suo modo liberatorio, viene da Alessio Pietrobattista, già collaboratore alle degustazioni della Guida dei vini de L’Espresso. Insomma: possibile che non si parli di altro ultimamente? La seduzione di questi mitici ‘giovani’, ovviamente tramite le solite, onnipotenti ‘campagne di comunicazione’ miracolose, sembra essere diventata il problema all’ordine del giorno nel mondo del vino, soppiantando anche la pur gettonata tematica degli aumenti di prezzo delle materie prime secche. Ma poi: i giovani sono una cosa così monolitica e immutabile? Sono tutti uguali? O forse ci sono giovani e giovani? Notare che il commento di Pietrobattista si esprime liberamente perché è sui social: chissà com’è che in fase istituzionale molti invece preferiscono unirsi al coro.

 

Forse qualcosa su cui riflettere c’è, e l’ha fatta presente Michele Ranieri, che fa il vino nel suo Podere Ranieri, a Follonica, nella Maremma toscana: “Il problema vero è che la mia generazione (sono del ’77), anche quando non lo beveva, vedeva il vino come qualcosa di quotidiano, onnipresente sulla tavola di casa. Oggi questa familiarità con l’oggetto vino è in gran parte perduta, e così si è perso l’imprinting”. Teoria oltremodo interessante: in effetti, i consumi vinicoli pro capite, nei decenni, sono drasticamente diminuiti. Ma ci sono ragioni stringenti anche per questo, e non solo culturali. A parte che per i soliti fortunati che cadono sempre in piedi, è infatti decresciuta un’altra cosa: il potere d’acquisto. “Ma siamo sicuri sia tutto un problema di comunicazione? Non sarà che i prezzi dopo i vari ricarichi della filiera sono diventati inaccessibili, sicuramente ai giovani e tra poco anche ai vecchi?”: se lo chiede su Facebook Lorenzo Marotti Campi, che nelle Marche fa una batteria di vini molto apprezzati. Lo ammettono perfino i vignaioli, sia pure trincerandosi dietro le ragioni (non peregrine) della famosa filiera: il portafoglio è più leggero, e i listini più pesanti. Nelle Langhe, certe reclamizzatissime bottiglie di Barolo hanno raggiunto prezzi quasi impensabili qualche anno fa, tra il giubilo di certi soloni (“Oh, finalmente ci avviciniamo ai listini dei vini francesi!”) e l’atteggiamento lunare di altrettanti produttori, come quell’illustre personaggio di Monforte d’Alba, che di fronte alla piaga del mercato secondario e delle sue quotazioni quasi comiche, interpellato da un giornalista (peraltro molto ossequioso) se ne uscì con un incredibile “Non so di cosa stia parlando” (è tutto vero, non mi invento niente). Anche se questo è un caso limite, è innegabile che i vini costano per tutti, per i giovani e per chi giovane lo è un po’ meno. Hai voglia a ‘comunicare’, magari tramite qualche influencer più o meno frizzante e, per carità, giovanile: se non c’è trippa per gatti, i gatti si arrangiano. E qui, pare quasi che si chiuda il cerchio con la crisi del ‘fine dining’ (lo metto tra virgolette, perché non mi piace l’abuso di questa locuzione), il dibattutissimo tema degli ultimi mesi: i ristoranti super top iniziano a costare un po’ troppo, per tutti. Sotto quest’aspetto, forse, il vino è messo un po’ meglio: se ancora si crede (e in qualche modo è vero) che le grandissime cucine, richiedendo investimenti tecnici e anche intellettuali molto ingenti, debbano essere per forza molto care, viceversa le bottiglie considerate di grande qualità ma proposte a prezzi non da salasso ancora non hanno iniziato a mancare.

 

Ma poi, non incolpiamo i giovani se si vende meno vino. Pensiamoci: una volta i giovani erano così fanatici di prelibate degustazioni? Andavano in giro a delibare calici raffinati fin dalla più tenera età? O forse succedeva quello che accade oggi, ossia che la vera passione per il vino, se viene sviluppata, nasceva ben oltre i vent’anni? Prima magari si preferisce bere altro, e talvolta per ragioni ben diverse dalla semplice e godereccia contemplazione di qualcosa che piace. Alle degustazioni guidate, fanno presente gli osservatori, i ragazzi c’erano vent’anni fa e ci sono anche oggi. Ma gli stessi ragazzi oggi hanno meno soldi in tasca.