Dal 2003 anche le attività ristorative possono offrire piatti pronti e materie prime inutilizzate al Banco Alimentare. È facile, solidale e antispreco. Ne parliamo con il presidente della Fondazione Giovanni Bruno.
di Elisa Tonussi
Dal 1989, il Banco Alimentare aiuta le strutture che sul territorio sostengono persone in difficoltà, fornendo loro aiuti alimentari, grazie anche alle eccedenze recuperate nella filiera agroalimentare. Dal 2003, grazie alla Legge del Buon Samaritano, anche i ristoranti possono donare eccedenze di cibo cucinato. La logistica è semplice: occorre contattare il Banco, predisporre le eccedenze seguendo le procedure operative e consegnarle a Banco Alimentare o all’ente beneficiario incaricato del ritiro. È facile e sostenibile. Parliamo di sprechi e recupero nel mondo della ristorazione con Giovanni Bruno, presidente della Fondazione fondata da Danilo Fossati, presidente della Star, e monsignor Luigi Giussani, padre di Comunione e Liberazione.
Il Banco Alimentare è attivo dal 1989 per aiutare i più bisognosi, riducendo gli sprechi alimentari. Quanto cibo riuscite a ‘salvare’ ogni anno?
Nel 2022, abbiamo recuperato 42mila 500 tonnellate di cibo dall’industria, di cui dai punti vendita della Grande distribuzione e dalla ristorazione circa 18mila tonnellate. Abbiamo inoltre raccolto circa 10mila tonnellate di alimenti attraverso le collette aziendali e nelle scuole, ma soprattutto con la Giornata nazionale della Colletta Alimentare. La restante parte deriva dai fondi nazionali ed europei destinati a programmi di aiuto alimentare per gli indigenti. Si tratta cioè di fondi gestiti da Agea, il braccio operativo del ministero, che promuove bandi e consegna il cibo a sette grandi interlocutori, tra cui, appunto, il Banco Alimentare. Dalla sola ristorazione, nel 2022, abbiamo raccolto circa 900mila pasti. Il dato, però, prima del Covid era maggiore: 1 milione e 330mila pasti. Lo smart working e il cambiamento delle modalità di gestione delle mense aziendali hanno portato a produrre meno eccedenze. Inoltre c’è sempre più consapevolezza rispetto al tema degli sprechi e viene posta maggiore attenzione ai loro costi.
Quali tipologie di attività, nel settore della ristorazione, contribuiscono maggiormente alle attività di Banco Alimentare?
L’apporto maggiore deriva naturalmente dalla ristorazione collettiva. Le realtà più piccole sono meno gestibili da una realtà come il Banco Alimentare. L’attività di recupero, per avere senso, deve essere sostenibile anche dal punto di vista economico: percorrere tanti chilometri per ritirare un numero molto esiguo di pasti sarebbe, come ovvio, poco conveniente, il costo sarebbe maggiore rispetto al beneficio.
Come è organizzata l’attività di recupero del Banco Alimentare?
L’azienda che voglia collaborare con il Banco Alimentare deve, per prima cosa, mettersi in contatto con noi: tutti i dati sono disponibili sul nostro sito. La nostra organizzazione si occupa quindi di verificare la sostenibilità economica della collaborazione, a cui segue un periodo di prova. Spesso capita che molte aziende imparino a ridurre le proprie eccedenze! In seguito, nel 90% dei casi, il recupero viene effettuato dagli enti beneficiari. In alcune realtà, come per esempio a Milano e a Roma, è il Banco a recuperare direttamente gli alimenti. Il nostro obiettivo è cercare di ottimizzare al massimo la raccolta, cercando la struttura più prossima al donatore.
Come le cucine devono predisporre gli alimenti da donare?
È necessario che siano dotate di un abbattitore perché ritiriamo secondo i principi della catena del freddo. Noi, poi, ci occupiamo di formare le strutture caritative affinché conservino in maniera adeguata gli alimenti riponendoli nel modo corretto e senza che si interrompa la catena del freddo.
Recuperate sia eccedenze di materia prima sia piatti pronti, è corretto?
Normalmente recuperiamo i piatti pronti dalla ristorazione, dagli eventi con catering, dalla ristorazione navale. La materia prima, invece, proviene sia dai supermercati sia dalle aziende. Un altro esempio: abbiamo registrato un boom di recupero di materia prima dalla ristorazione con l’inizio del lockdown. Anche i villaggi turistici, in fase di chiusura di stagione, ci contattano per ritirare le scorte rimaste.
Come è organizzata, invece, l’attività di recupero dalle navi da crociera?
Avevamo un rapporto di collaborazione con Costa Crociere, che, purtroppo, dallo scoppio della pandemia, non è più ripreso anche per ragioni burocratiche. Stiamo però rinegoziando con le autorità le modalità di recupero per riprendere il prima possibile. Come funzionava? È stata svolta, innanzitutto, un’attività educativa nei confronti degli utenti, suggerendo alcune buone pratiche antispreco da adottare al buffet. Abbiamo condiviso con i dipendenti, gli chef e gli addetti alle cucine le nostre procedure, che hanno enormemente apprezzato: meglio dedicare qualche minuto a impacchettare le eccedenze, piuttosto che vedere il proprio lavoro finire gettato! La vera e propria opera di recupero nei porti è stata una sfida logistica, perché abbiamo dovuto organizzarci con numerosi enti e associazioni benefiche e coordinarci con le autorità portuali, sanitarie… Quello italiano è stato un caso replicato anche all’estero, visto che il Banco Alimentare è parte della Federazione europea dei banchi alimentari. Abbiamo così potuto favorire la raccolta di eccedenze anche a Marsiglia, Barcellona, Atene, fino alle Antille francesi.
Come il Banco Alimentare rendiconta le proprie attività alle aziende che lo supportano?
Comunichiamo, con cadenza trimestrale o semestrale i numeri relativi ai pasti recuperati, alle quantità donate. Condividiamo sempre anche un rapporto riepilogativo annuale, oltre al nostro Bilancio Sociale.
Avete adottato anche iniziative per sensibilizzare gli imprenditori del settore Horeca contro lo spreco alimentare?
Certamente. Il programma ‘Siticibo’, nato nel 2003 per recuperare alimenti dalla ristorazione ha dato impulso all’organizzazione di diverse iniziative che mirano a ridurre la produzione di eccedenze, quindi il rischio di spreco. Abbiamo, ad esempio, avviato un progetto con Metro per sensibilizzare i clienti, creando un vademecum per insegnare loro a gestire con attenzione la dispensa, ridurre gli scarti e conservare al meglio i cibi. Abbiamo inoltre avviato dei progetti con Federcongressi&Eventi, come ‘Food for Good’, per recuperare le eccedenze dai catering di eventi, fiere e congressi. Attività a cui abbiamo affiancato un’opera di divulgazione con materiali di comunicazione sui tavoli per invitare i partecipanti ai banchetti a non riempire oltremodo i piatti con il rischio di gettare cibo. Presso il Palacongressi di Rimini abbiamo addirittura collaborato con lo chef nella elaborazione di un ‘Second Life Menu’: tra i tanti menù offerti ai clienti per gli eventi, ne figura uno studiato affinché le eccedenze possano essere recuperate al meglio per essere consegnate a strutture caritative.
Le iniziative di sensibilizzazione, però, non si fermano al settore professionale…
Abbiamo iniziato a collaborare con la scuola alberghiera di Assisi: gli studenti hanno creato un ricettario, facendo esperienza sul campo, con parti di ‘scarto’, come i gambi delle verdure a foglia. Il Covid, purtroppo, ha dato una battuta d’arresto a tante attività e riprendere non è facile e immediato. Ma puntiamo a proseguire e, anzi, incrementare simili progetti nelle scuole, perché significa non solo plasmare una cultura ‘antispreco’, ma anche insegnare la solidarietà.
Quante realtà, nel settore Horeca, già collaborano con il Banco Alimentare?
Abbiamo 185 punti di ritiro, dove vengono raccolte le eccedenze delle mense, dei bar, dei ristoranti e delle attività commerciali.
Per concludere, due parole per invitare ristoratori e albergatori a donare al Banco Alimentare.
Tutto quello che abbiamo, in qualche modo, ci è stato donato: non ne siamo padroni e dobbiamo averne cura. È questo il caposaldo del Banco Alimentare, spesso richiamato da Papa Francesco. Oggigiorno essere sostenibili significa proprio questo: farsi custodi di alcuni beni e consumarli ricordando che abbiamo tutti gli stessi diritti. Non è facile evitare le eccedenze. È necessario, però, prevederle e adottare misure per facilitarne il recupero, che altro non è che una fase del processo aziendale. Donare le eccedenze significa avere cura degli altri.
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