Il 10 e l’11 a Modena è andata in scena la fiera, anzi la Experience dedicata alle bollicine più famose del mondo. Tante case e 65 importatori hanno incontrato una folla di professionisti e appassionati.
di Tommaso Farina
Sono stati due giorni ricchi e sostanziosi, quelli di Modena Champagne Experience. I padiglioni fieristici della città emiliana, il 10 e 11 ottobre, hanno ospitato la quarta edizione di un evento che sta diventando una gradita abitudine, e che ha attirato una vasta folla di professionisti, operatori e semplici appassionati dello Champagne.
E che cosa prevedeva il menù? La rassegna, organizzata da Società Excellence, ha previsto un parterre composto da 65 importatori e 121 maison, quasi tutte rappresentate da una persona chiave della loro struttura. Ma la rappresentanza più interessante, prevedibilmente, è stata quella costituita dai vini che ogni singola maison ha portato in assaggio. Il tutto, disposto negli oltre 5mila mq di un padiglione fieristico ove le cautele per il problema Covid sono state scrupolosamente osservate.
Il padiglione è stato organizzato per aree geografiche: ogni zona, caratterizzata da un colore diverso, contraddistingueva un’area precisa del territorio della Champagne. Ha fatto eccezione l’area dedicata espressamente alle grandi maison definite ‘Classiche’, che comprendeva nomi d’alto blasone quali Deutz, Roederer, Piper-Heidsieck, Bruno Paillard, De Venoge, Pol Roger e varie altre.
Tutto all’insegna dello Champagne? Ebbene sì. E come ben sapete, lo Champagne non è una cosa sola, monolitica, sempre identica. Entrano in gioco le variabili dei vitigni e degli assemblaggi, e perfino la diversità pedoclimatica, di suoli e di territori nell’ambito di due cépages nominalmente identici. Ecco: a Modena Champagne Experience, il principiante digiuno delle bollicine più illustri del mondo poteva farsi una cultura enciclopedica.
Il goloso di certe curiosità avrebbe trovato, per esempio, alcuni Champagne della tipologia Doux (dolce), che sta cominciando a ritrovare credito in Francia ma che in Italia è a dir poco sconosciuta. Per esempio, Erik Schreiber, della zona di Aube e Côte des Bar, ha presentato un Doux addirittura del 1995, ottenuto da uve pinot nero e chardonnay da coltivazione biodinamica, e capace di presentarsi con una freschezza sorprendente per un vino (spumante poi) di quasi trent’anni. Quasi uno Champagne da meditazione. Schreiber in Italia è importato da Première srl.
Di carattere completamente diverso, invece, uno Champagne che segue la nuova tendenza della vinificazione in purezza del pinot meunier, da sempre l’uva cenerentola della denominazione, usata per dare struttura ma per lungo tempo poco enfatizzata dai produttori. Champagne Tarlant, realtà della Vallée de la Marne, ha presentato il suo Blanc de Meunier La Vigne d’Or, caratterizzato per l’appunto da un’etichetta color oro antico e da un uvaggio 100% pinot meunier: un vino dalle durezze quasi dirompenti, strutturato, possente, senza concessione alle svenevolezze. Uno Champagne da tutto pasto. Tarlant da noi è distribuito da Teatro del Vino.