Lunedì sera è stata svelata la The World’s 50 Best Restaurants. Nonostante alcune luci e ombre, consegna un quadro della ristorazione mondiale. Con gli italiani che non hanno nulla da invidiare ai colleghi spagnoli e nordici.

 

di Elisa Tonussi

 

Il Geranium di Copenaghen, guidato dallo chef Rasmus Kofoed e dal sommelier Søren Ledet, è il miglior ristorante al mondo, incoronato dalla The World’s Best Restaurant 2022. La celebre classifica, forse più influente perfino della Guida Michelin, è stata svelata lunedì sera con una cerimonia all’Old Billingsgate di Londra, condotta dall’attore e gourmet Stanley Tucci.

 

Non sorprende la scelta del locale danese, che lo scorso anno occupava la posizione numero due, dopo il Noma. Sul podio, quest’anno, anche il Central di Lima e il Disfrutar di Barcellona. Folta la presenza spagnola nelle prime posizioni: al quarto e al sesto posto della classifica, figurano infatti il DiverXo di Madrid e l’Asador Etxebarri nei Paesi Baschi.

 

Ma veniamo agli italiani, che nulla hanno da invidiare ai colleghi spagnoli e danesi. Anzi. Sono ben sei i ristoranti del Bel Paese, tutti quanti compresi nelle prime 30 posizioni. In testa, ottavo, il Lido 84 di Riccardo Camanini a Gardone Rivera (Bs). Poco dopo, si classificano decimo il ristorante Le Calandre degli Alajmo a Rubano (Pd) e dodicesimo Uliassi a Senigallia (An), che tra le altre cose entra in classifica occupando la posizione più alta. Alla quindicesima posizione figura il Reale di Niko Romito a Castel di Sangro (Aq) e alla diciannovesima il Piazza Duomo di Enrico Crippa ad Alba (Cn). Ultimo tra gli italiani il St. Hubertus, alla ventinovesima posizione, all’interno dell’Hotel Rosa Alpina a San Cassiano (Bz) dello chef Norbert Niederkofler.

 

Come ci finisce un locale sul tetto del mondo della ristorazione? Una rete di 1080 votanti, divisi tre le 27 regioni individuate nel mondo, valuta fino a sette ristoranti all’interno della propria area di competenza e almeno tre al di fuori. Ogni anno, un quarto del gruppo di valutazione è costituito da nuovi votanti, i cui nomi sono rigorosamente riservati. Sono critici gastronomici, gourmet esperti e perfino chef e ristoratori, che selezionano i locali e li giudicano esclusivamente sulla base del proprio gusto: non esistono criteri definiti a monte. I membri dell’organizzazione 50 Best non votano e non influenzano in alcun modo la composizione della lista finale. Così come gli sponsor, che non conoscono la classifica fino al momento della cerimonia di premiazione stessa. L’integrità delle procedure di voto sono garantite da Deloitte.

 

Il tutto pare studiato con la massima trasparenza. Ma ci sarebbero alcune ombre: sebbene i nomi dei votanti non siano resi noti, online si vocifera che esista una fitta rete di inviti, da parte delle agenzie di comunicazione dei singoli ristoranti, potenzialmente in grado di cambiare le sorti della classifica. Ne consegue che chi ha più mezzi da investire ha maggiori possibilità di attirare l’attenzione dei giudici internazionali.

 

Altro aspetto ambiguo è l’esistenza della Best of the Best, la lista, introdotta nel 2020, dei migliori ristoranti di sempre: i locali che raggiungono (o hanno raggiunto negli anni precedenti al 2020) la prima posizione in classifica non possono più concorrere, entrando in una sorta di gruppo di ‘intoccabili’. Certamente la Best of the Best consente di ovviare al problema, verificatosi nei primi 18 anni di esistenza della classifica, che fossero gli stessi pochi locali a contendersi il titolo. Non prende però in considerazione due importanti questioni: anche i migliori sbagliano. E pure i più grandi chiudono, proprio come Ferran Adrià con il suo elBulli, miglior ristorante al mondo per ben cinque volte.

 

Nonostante le sue luci e ombre, la 50 Best consegna un quadro della ristorazione globale, da cui, nel 2022, quella italiana emerge in modo più che positivo. Il Bel Paese, insieme alla Spagna, vanta il maggior numero di ristoranti in classifica: sei, risultato raggiunto solo tre volte in passato. Insomma, la cucina italiana, più diretta, sincera e onesta rispetto alla cervellotica e sperimentale cucina nordica e alla spettacolare cucina spagnola, piace. Vista l’influenza della 50 Best, specialmente a livello internazionale, si può ben dire che i nostri abbiano fatto il colpo. E ne potrebbe beneficiare l’intero comparto.