Roccaverano (At) – E’ tempo di cambiare nome per la Robiola di Roccaverano. E di utilizzare la sola denominazione Roccaverano Dop. E’ allo studio, infatti, l’ipotesi di trovare un nuovo nome per identificare il formaggio simbolo dell’Alta Langa. La motivazione alla base di tale scelta è semplice: il desiderio di differenziare il prodotto dalle altre robiole presenti sul mercato. “Il nome robiola deriva dalla cittadina di Robbio, in Lomellina, provincia di Pavia, e indica in generale un formaggio molle, simile allo stracchino, realizzato con latte di vacca”, spiega Fabrizio Garbarino, presidente del Consorzio per la tutela del formaggio Robiola di Roccaverano. “La nostra denominazione proviene invece dal tardo gotico latino rubeola, e indica il colore rossiccio conferito alle forme (stagionate) da una muffa autoctona della zona, il geotrichum”. E aggiunge: “Ma soprattutto è un formaggio a pasta morbida, con latte crudo di capra al 100%, frutto di un tessuto produttivo locale che cura tutta la filiera, dal filo d’erba alla forma. Insomma, un prodotto sui generis, non confondibile con i mille altri presenti in modo massiccio sul mercato”. La robiola piemontese, infatti, vanta uno dei disciplinari più antichi. E uno dei primissimi riconoscimenti Dop in Italia. E’ realizzata con latte crudo di capra al 100%, ha sempre forma tonda e si consuma sia fresca, sia stagionata, trasformandosi in cacioricotta. La Robiola di Roccaverano è distribuita al 90% nei circuiti dell’Horeca italiani, soprattutto nel nord-ovest, e al 10% all’estero.