Da un rapporto di Deloitte arrivano notizie che fanno bene al cuore: l’out of home nel 2021 ha registrato una crescita in valore del 15,6% in un anno. 

 

di Tommaso Farina

 

Non può piovere per sempre. “It can’t rain all time”: lo dice Eric Draven, personaggio del fumetto americano, nella trasposizione cinematografica che ha costituito il testamento artistico di Brandon Lee, Il Corvo. È vero: non può andare sempre tutto male. Se c’è qualche notizia confortante, perché tacerla?

 

Nella fattispecie, martedì 10 maggio Il Sole – 24 Ore se n’è uscito con un articolo tutt’altro che scontato, e ancora più interessante perché ha allineato dati, numeri, e non semplici opinioni. Succo del discorso? La ristorazione è in netta ripresa in tutto il mondo.

 

Gli analisti del quotidiano di Confindustria hanno messo le mani su uno studio del Foodservice Market Monitor di Deloitte, ossia una fonte non proprio da peracottari di Rocca Cannuccia. Responso? La ristorazione nel mondo vale 2.221 miliardi di euro, in crescita del 15,6% rispetto al 2020. La ripresa c’è, e nessuno vuole farsela sfuggire, a quanto pare. C’è ancora da colmare, si capisce, un sostanzioso gap coi valori del 2019 pre-pandemico: all’epoca, la medesima bilancia vedeva sul piatto un valore di 2.603 miliardi. Mancano ancora 382 miliardi, ma se le cose continueranno così, il traguardo non è affatto impossibile. Sembrano semmai avverarsi le previsioni di coloro i quali vaticinavano una completa ripresa del comparto almeno nel 2023. Noi incrociamo le dita.

 

Del resto, l’Italia sembra avere, una volta tanto, un ruolo guida. Il nostro Paese infatti, stando allo studio, si piazza al primo posto nella ristorazione di qualità in Europa (e al sesto nel mondo), con un rimbalzo del 14,5% sul 2020 e un valore generato di 31 miliardi di euro (Fipe Confcommercio ha stimato una spesa complessiva di 63 miliardi di euro in bar e ristoranti nel 2021, una ventina in meno rispetto al 2019). La cosa non stupisce più di tanto: l’Italia e la Francia da secoli ormai fanno affidamento al settore della ristorazione e della gastronomia, che rappresenta uno dei fattori economici trainanti.

 

L’Europa comunque rappresenta solo il 18% del mercato globale della ristorazione. La fetta maggiore è presa dalla terra che annovera, insieme, un’immensa densità di popolazione e indici di sviluppo annuali quasi vertiginosi: l’Asia orientale. Le tigri asiatiche assorbono, da sole, il 48% della ristorazione del globo: è facile capire il perché, se si pensa agli immensi hangar che nei centri commerciali di Shangai ospitano migliaia di persone a mangiare i dim-sum. Meno immediato è ricordare come nella sola Hong Kong ci siano sette ristoranti con tre stelle Michelin: ossia solo quattro in meno di quelli che può annoverare la nostra intera Italia. E questo senza contare i 12 a due stelle, e i 54 con la singola stella. Dati oltremodo interessanti.

 

Comunque, è evidente: la ristorazione si è rimessa a correre. Per tutti, il biennio orribile del Covid è stato una parentesi tremenda, in certi casi tragica, sia umanamente sia economicamente. Ma quasi tutte queste persone hanno deciso di rimettersi in gioco, di tornare al lavoro, di offrire ospitalità e cucina a un mondo che ne ha avuto sempre più bisogno. Prendete nota, signori. E continuate così. La nave va.