Milano – E’ ormai noto che con la pandemia, per tamponare le perdite dovute alle chiusure, numerosi ristoratori hanno scelto di reinventare la propria offerta. E di proporre un servizio di consegna a domicilio. Numerosi hanno preferito non affidarsi a piattaforme esterne per erogare il servizio. Hanno così ottenuto un prezioso ‘gruuzzoletto’: i dati dei clienti, incluse le loro abitudini di consumo. Come riporta Business Insider, secondo i dati 2021 dell’Osservatorio ristorazione, spin-off dell’agenzia RistoratoreTop, il 77% dei locali ha compiuto la scelta di intraprendere la strada del delivery e dell’asporto. Un secondo sondaggio, invece, ha rivelato che il 43% dei ristoratori consegna a domicilio direttamente con una flotta di persone addette. Solo il 3% ha scelto, invece, di affidarsi unicamente a piattaforme esterne. Il 9% utilizza entrambe le modalità. La restante parte, infine, non ricorre al delivery. Chi ha deciso di ricorrere al delivery ‘fai-da-te’, secondo quanto spiega Lorenzo Ferrari, fondatore dell’osservatorio Ristorazione, a Business Insider lo ha fatto “soprattutto per la crescente consapevolezza che queste piattaforme, oltre a trattenere percentuali fino al 35% sul lordo degli ordini, trattengono ciò che si è dimostrato essere un vero e proprio tesoretto nell’anno della pandemia: i dati dei clienti, comprese le loro abitudini di consumo. Chi si è dotato di delivery autonomo con una propria flotta, spesso convertendo a rider i dipendenti di sala e cucina, e con sistemi digitali di prenotazione e di gestione dei dati, ha potuto utilizzare i contatti dei clienti, nuovi e abituali, e sopravvivere così alle chiusure forzate con risultati migliori rispetto a chi ha esternalizzato le consegne”.