Torna, dopo lo stop del 2020, il congresso di Paolo Marchi. Tema filo conduttore è stato quello del lavoro, che ha riguardato parecchie sale e cucine negli ultimi tempi. E non sono mancati momenti intensi e divertenti.

 

di Tommaso Farina

 

Identità Golose come non te lo aspetti. L’Identità Golose formato 2021, a Milano, è stato diverso fin dalle date prescelte: anziché nei primi mesi dell’anno, è andato in scena alla fine dal 25 al 27 settembre. Ed è stato l’Identità Golose più gremito e seguito di sempre. Il congresso di cucina d’autore ideato da Paolo Marchi, già giornalista gastronomico e sportivo, è giunto alla sedicesima edizione. E ha avuto un successo che gli stessi organizzatori definiscono superiore a qualsiasi aspettativa. In tutte le giornate congressuali, le sale del MiCo, a Fieramilanocity, sono state letteralmente gremite, sia pure con occhio di riguardo alla sicurezza sanitaria scrupolosamente rispettata. Erano in tante, le facce conosciute che si vedevano camminare nei disimpegni, ma anche quelle giovani: tanti cuochi, pasticceri, sommelier, uomini e donne di sala, che venivano ad ascoltare e vedere all’opera i loro colleghi più affermati. E la gioia che alcuni relatori hanno provato nel tornare a contatto con certo pubblico, era proprio palpabile.

 

Anche Paolo Marchi è stato contento, anzi più che sollevato, nel poter organizzare un Identità Golose ‘vero’ dopo il parziale stop del 2020, sia pure in un periodo dell’anno diverso da quello a cui eravamo abituati. In apertura di manifestazione, assieme al socio Claudio Ceroni, Marchi ha ripercorso certe sensazioni con un pizzico di magone, ma anche con il senso di liberazione di chi sembra credere che il peggio sia ormai passato: “Mi viene in mente l’ultima edizione, 26-26 marzo 2019. A ripensarci, sembra un pianeta diverso. Siamo passati dalle certezze di allora, alla paura della fase peggiore della pandemia, a un oggi ancora tutto da delineare e decifrare. Nessuno si aspettava una cosa del genere, è stato più di un incubo”. E per la ristorazione, è stato un incubo proprio dal punto di vista occupazionale. Non è un caso se il tema del sedicesimo Identità Golose fosse sintetizzato in uno slogan che non lascia adito a interpretazioni o voli pindarici, e che non poteva essere più chiaro: ‘Costruire un nuovo futuro: il lavoro’. Claudio Ceroni, cofondatore di Identità Golose, ha espresso gli stessi intendimenti. E ha insistito sulla focalizzazione, nel congresso, di temi come la difficoltà nel rintracciare il personale specializzato, che hanno tenuto banco sui giornali : “Si tratta di un problema reale, che viene spesso affrontato in modo semplicistico. Si dice: colpa del reddito di cittadinanza, o dei giovani che non sono più disposti ai sacrifici, o delle imprese ristorative che pagano troppo poco. Forse c’è qualcosa di vero in ognuna di queste spiegazioni, ma non può essere solo quello, perché tali fenomeni si registravano anche prima di questa fase. E poi tale dinamica non riguarda solo l’Italia. E non riguarda solo la ristorazione”.

 

A parlare di questi temi, tra un piatto e l’altro, i maggiori chef italiani e non solo: gli emergenti, gli emersi, le vere e proprie star, a zero stelle Michelin, una, due e anche tre. A colpire, come sempre ogniqualvolta parli in pubblico, è stato il bonus riservato all’ultima giornata congressuale: la prolusione di Massimo Bottura. Lo chef modenese non ha perso il piglio da autentico mattatore, intrattenitore. Se fosse stato un conduttore televisivo, la cosa più semplice da dirsi sarebbe stata: buca lo schermo. E Bottura non si è limitato a presentare il suo nuovo menù: ci ha ricordato che siamo nani sulle spalle di giganti. “Noi siamo gli antichi”. Come dire: lavoriamoci sopra quanto vogliamo, ma ricordiamoci che la nostra base è la tradizione. Il tutto, esposto con una verve affabulatoria che non aveva nulla del trombonismo, dell’autoreferenzialità, del tirarsela in modo supercilioso che alcuni considerano tipico comportamento di chef di questo calibro. Bottura, anche con tre stelle Michelin e mezzo mondo che si accalca ai suoi tavoli, è rimasto un uomo del popolo. Maggior contrasto non poteva esserci, con la precedente ‘lezione’ (perché di tale si trattava) di Josep Roca i Fontané, sommelier e comproprietario, assieme ai fratelli, del Celler de Can Roca, a Girona, in Catalogna. Lui sì, che aveva il piglio del predicatore: una prolusione sui massimi sistemi, con qualche spruzzata di ambientalismo e retorica, che davvero, malgrado la passione civile, non si è capito cosa c’entrasse con tutto il resto.

 

Comunque, tutti i giorni c’è stata qualche ricetta, o qualche discorso succoso, o entrambe le cose. Come quando ha parlato Mauro Colagreco, del Mirazur di Mentone: “Con la pandemia ho capito che avrei dovuto trovare un nuovo equilibrio. Rimettere al centro il senso del nostro lavoro è stata la priorità. A volte parlo con i giovani cuochi e non sanno niente della materia prima che vogliono andare a manipolare. Non sanno del ciclo di vita di una cipolla, di una patata, di una carota, non sanno quando il loro gusto diventi più o meno intenso a seconda del clima o del momento dell’anno in cui ci troviamo. Far comprendere ai giovani che la conoscenza è il primo passo per essere cuochi è indispensabile”. Andrea Berton, dal canto suo, ne ha approfittato per un ironico omaggio alla cucina degli anni Ottanta, da sempre bersaglio di critiche da parte dei gastronomi più sentenziosi, fornendo la sua personalissima versione della pasta con panna, prosciutto e funghi. E sul finale c’è stato anche un momento intenso e toccante: il commosso omaggio di pezzi da novanta come Massimiliano Alajmo, Alfio Ghezzi e Corrado Assenza al creatore di Mieli Thun, Andrea Paternoster, strappatoci a soli 54 anni da un brutto incidente stradale. L’apicoltore aveva escogitato una batteria di mieli monoflora da lasciare senza fiato, e i tre grandi chef ne erano convinti estimatori, oltre che utilizzatori.

 

Un Identità Golose dove c’è stata parecchia carne al fuoco, e soprattutto cibo per la mente, materia per riflettere parecchio sull’avvenire della ristorazione.