La gentilezza di un cameriere può svoltare una serata storta. Così come una disattenzione può trascinare una cena nel baratro. Eppure alcuni ristoratori ci investono ancora troppo poco.
di Elisa Tonussi
Già la scorsa settimana abbiamo parlato di quanto contino la presentazione e il racconto nell’apprezzamento di un vino (vedi qua). Proprio leggendo l’articolo della collega, forse in un moto di malinconia di fine estate, mi sono trovata, a mia volta, a ripensare ad alcune esperienze che ho vissuto al ristorante in questi ultimi mesi. Esperienze di cui non conservo affatto un ricordo nostalgico. La ragione: non mi sono sentita accolta, men che meno coccolata. Di conseguenza delle pietanze conservo un ricordo vago, certamente guastato dal pessimo servizio.
Cosa è accaduto? Una sera di luglio, mio marito e io siamo in Brianza, in compagnia di amici, in un’osteria di cucina tipica romana di recente apertura. Prenotiamo alle 21.30, l’unica fascia oraria disponibile: il ristorante accoglie i suoi ospiti in due turni e noi ci adeguiamo. I tavoli esterni sono illuminati da semplici fili di lampadine appesi ai rami degli alberi e i tavoli sono apparecchiati con le tradizionali tovaglie a quadri. L’atmosfera è rilassata e conviviale. Il cameriere tarda ad arrivare per prendere le ordinazioni, ma non ce ne preoccupiamo. Gli antipasti – deliziosi – vengono serviti dopo qualche minuto. I primi, invece, si fanno attendere. Sono passate le 22.30 e vediamo uscire alcuni piatti di tonnarelli cacio e pepe: è la mia ordinazione, finalmente. I miei commensali, intanto, ancora a bocca asciutta. Dopo qualche minuto arrivano i rigatoni alla gricia. Ancora qualche istante ed ecco le carbonare. E infine, dopo alcuni minuti, le amatriciane. Insomma, tra l’arrivo del mio piatto e quelli degli altri sono trascorsi almeno 10 minuti. Il risultato: mangio una cacio e pepe che nell’attesa si è raffreddata. Peccato, era cremosa e pepata al punto giusto.
Qualche settimana più tardi, quella di Ferragosto, ci troviamo a Porto Recanati. È solo mezzogiorno, ma abbiamo necessità di pranzare presto. Optiamo dunque per uno dei numerosi bar ristoranti sulla spiaggia. Il primo ci rimbalza, e pure il secondo: le cucine aprono alle 12.30. Al terzo locale i nostri sguardi impietosiscono la cameriera, che ci fa sedere: anche in questo caso la cucina apre alle 12.30, ma possiamo prendere un aperitivo. Dopo una decina di minuti una cameriera scontrosa si palesa e riusciamo a ordinare due bibite. Altri dieci minuti e ci vengono servite con fare svogliato. Nemmeno due noccioline. Alla faccia dell’aperitivo. Concluso il nostro pranzo, ci rechiamo alla cassa per pagare. Mai un sorriso da parte del personale: meglio togliere il disturbo in fretta.
In quegli stessi giorni ci rechiamo a cena a Gualdo Tadino, in Umbria. Prenotiamo tramite TripAdvisor un localino che sembra promettente. Scegliamo di dividere un antipasto e optare per due primi. Tutto procede per il meglio finché l’attesa per i nostri piatti di pasta inizia a farsi lunga: aspettiamo ormai da un’ora. Chiediamo al cameriere a che punto siano. Ci guarda sorpreso. Quando finalmente si palesano le nostre portate ho perfino dimenticato cosa avessi ordinato. Inutile dire che scegliamo di rinunciare al dolce: non vorremmo mangiarlo per colazione! Al tavolo accanto, intanto, una coppia che si è accomodata da 20 minuti non ha ancora ricevuto il menù. Paghiamo ammirando la pazienza dei due.
Ripercorrendo le mie infelici esperienze gastronomiche estive, mi trovo dunque a riflettere sull’importanza del servizio in sala. Per qualcuno evidentemente ancora troppo sottovalutato. Eppure un sorriso in più, un’attenzione inaspettata da parte del cameriere migliorano l’esperienza al ristorante. Così come sgarbatezza e lentezza possono radicalmente trascinare una cena nel baratro. Poco importa se il cibo è buono. Che si tratti di un’osteria o di un ristorante stellato, il cliente che siede a tavola desidera trascorrere un momento piacevole godendosi un buon piatto. E il cliente torna nei locali in cui è stato bene. È scontato? Probabilmente sì. Ma è chiaro che ancora ci sono ristoratori sulla qualità del servizio investono troppo poco. Con così poca manodopera disponibile nel settore, è il caso che i professionisti vengano adeguatamente formati (e pure pagati): possono fare la differenza.