Briatore, con la sua pizza, ha fatto un’operazione di marketing geniale. Grazie ai social. La salvezza della ristorazione è dunque quella che passa da Facebook e Instagram?

 

di Tommaso Farina

 

Ha vinto Briatore. Su tutta la linea. Con le frasi provocatorie sulle sue pizze è riuscito ad andare perfino nel salotto televisivo di Bruno Vespa. E questo non grazie ai giornali: grazie ai social. Ciò che si è dibattuto sui social network è finito sui giornali. E Briatore, dunque, ha fatto un’operazione di marketing geniale. “C’è solo una cosa peggio dell’essere chiacchierati: il non essere chiacchierati”: è questa la famosa frase di Oscar Wilde da cui è stata tratta l’ancor più nota parafrasi “Nel bene o nel male, basta che se ne parli”. Frase spesso abusata ed equivocata, e soprattutto non sempre vera. Secondo l’esperto di marketing Helder Monaco, un caso in cui tale massima risulta falsa sarebbe, citiamo testualmente, quando: “La visibilità complessiva, pur essendo anche molto estesa, non arriva al target di riferimento della persona/azienda”. Ecco, decisamente non è stato questo il caso: la polemica di Briatore, sulla sua pizza al prosciutto iberico e sul prezzo della semplice margherita, ha solleticato gli istinti di tanti possibili acquirenti. Per qualche giorno, è andata in onda quella che spesso chiamiamo tempesta perfetta: indignati social, contro-indignati ancora più social a dichiarare che gl’indignati semplici si sbagliano, commentatori, puntualizzatori. La salvezza della ristorazione, in luogo del classico passaparola, è dunque quella che passa dai social network? La comunicazione immediata (ossia, non mediata, naturale, che va diritta ai fruitori oltre che al punto) ha palesato una volta di più la sua forza. Una recensione su un giornale avrebbe fatto certamente scalpore, ma probabilmente non più dei botta e risposta su Facebook e Instagram. Fatto sta che alla provocazione briatoriana ha fatto seguito la risposta di un altro che sa usare in modo scaltrito i più disparati mezzi di informazione: Gino Sorbillo. Il pizzaiolo partenopeo negli anni ha trovato più e più modi per far parlare di sé, con iniziative discusse: una su tutte, una decina d’anni fa, quella della pizza proposta a 100 euro per deputati e senatori, sull’onda dell’indignazione suscitata dai prezzi a dir poco minimali dei ristoranti di Camera e Senato. Sorbillo, chiaramente, non poteva fare altro che difendere la tradizione della vera pizza di Napoli. Alla fine è stato Salvatore Salvo, altro pizzaiolo premiato e giustamente celebre, a uscirsene con la parola definitiva. Il mondo della pizza napoletana, si chiede Salvo, ci ha davvero guadagnato da questa polemica? Salvo dà la sua personalissima risposta: “Sarò anche una voce fuori dal coro, ma io temo proprio di no. È mai possibile che dei grandi artigiani, il cui lavoro è stato riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio mondiale dell’umanità, abbiano davvero bisogno di basare la loro comunicazione sulla scelta di andare in locali altrui – si chiamino Cracco o Briatore o Pinco Pallino, non fa alcuna differenza – per fare video per dimostrare che ‘la pizza solo a Napoli la sanno fare’?”. Prendiamo a prestito le parole che un altro napoletano Doc, Eduardo De Filippo, mise in bocca a Zi’ Nicola, personaggio della commedia Le voci di dentro, che è muto, ed è tanto scandalizzato dal trambusto attorno a lui da ritrovare la favella con un liberatorio: “Per favore, un poco di pace!”.