Lo chef del Cantuccio di Albavilla (Co) racconta di un nuovo progetto di ospitalità di cui è promotore: Osteria L’Abbiccì di Davide Frigerio e Gabriele Elli. Un’occasione per parlare di giovani e imprenditoria.

 

di Elisa Tonussi

 

“A fine giornata sono felice se sono consapevole di aver trasmesso qualcosa ai ragazzi per il loro futuro”. Parole e musica di Mauro Elli, chef lombardo, una stella Michelin, che conserva da ben 18 anni, al suo Cantuccio di Albavilla, arroccato nel verde dell’Alta Brianza, in provincia di Como. L’occasione è una telefonata, in cui parliamo di un progetto di cui è promotore: Osteria L’Abbiccì. Insomma, da buon lombardo se ne sta mai coi man in man (non se ne sta mai con le mani in mano). E, infatti, oltre a guidare le cucine del Cantuccio e a onorare i suoi impegni da professore, ha scelto di sostenere le nuove leve del mondo dell’ospitalità. Sta affiancando due giovani imprenditori, il figlio Gabriele Elli e lo chef Davide Frigerio (con cui abbiamo realizzato un’intervista che troverete sul prossimo numero della rivista!), nell’avvio di un ristorante: Osteria L’Abbiccì, appunto. Il locale si trova a Seregno, sempre in Brianza, ed è stato inaugurato lo scorso 21 dicembre. Ci lavorano sei ragazzi, fra i 20 e i 29 anni, passati per i fornelli e la sala del Cantuccio. Propongono una cucina 100% italiana, ripensata in chiave moderna, dove l’impronta di Mauro Elli è sicuramente presente, con un menù schietto e semplice. Tra una chiacchiera e l’altra, la telefonata con lo chef è l’occasione per parlare anche di giovani e imprenditoria. Ecco che cosa ci ha raccontato.

 

Il ristorante, diceva, è fatto da giovani. Chi sono?

Sono sei ragazzi, tre uomini e tre donne, e hanno dai 20 ai 29 anni. Il più ‘vecchio’ è Davide Frigerio, che è lo chef responsabile della cucina ed è un mio ex collaboratore. In cucina ci sono altre due ragazze. Mentre responsabile di sala è Gabriele Elli, che ha 22 anni. Faccio formazione da sempre e amo il mondo dei giovani. Credo molto in loro: mi danno la spinta a continuare a essere contemporaneo. Con loro posso sempre mettermi in discussione.

 

Quanto di lei è presente nel menù di Osteria L’Abbiccì?

Di me sono presenti i dettagli del pensiero. Non ho voluto che inserissero a menù nessuno dei miei piatti perché è un progetto a sé stante. Ci sono però i prodotti sani, i concetti della tradizione, il dettaglio di sapore, che sono miei e derivano dagli insegnamenti di Gualtiero Marchesi. L’idea è di far stare bene le persone in tutti i sensi, come ambiente, ospitalità, cucina e servizio. Io seguo questi aspetti. Insieme pensiamo i piatti, li assaggiamo e li miglioriamo. Insomma, porto la mia esperienza. Proprio questa mattina sono andato in cucina con loro a preparare. Come diceva Marchesi: “L’esempio è la più alta forma di insegnamento”. C’è poco da aggiungere.

 

Cosa l’ha spinta ad avviare un progetto in ambito ristorativo proprio in questo periodo storico?

Il progetto era partito già nel 2020, poi, a causa della pandemia, ci siamo fermati. E, dalla primavera di quest’anno, abbiamo potuto rimetterci mano e si è concretizzato il 21 dicembre scorso. Mi hanno spinto l’entusiasmo dei giovani, la passione e la voglia di mettermi in gioco per loro. Non voglio avere semplicemente dei dipendenti, ma persone che crescano all’interno dell’azienda.

 

Cosa fa di un imprenditore… un buon imprenditore?

Il buon imprenditore è colui che con la sua squadra riesce a raggiungere dei risultati. Vale a dire: essere una persona seria, retribuire tutti i dipendenti, rispettare le regole e creare utili. Queste sono le basi: saper gestire le persone, creando una squadra. Serve poi il rispetto: non voglio persone che lavorino 15 o 16 ore al giorno, ma 8 ore. A fare la differenza è la qualità del lavoro: significa lavorare in un posto sano con persone sane. Il nostro è un mestiere straordinario ma non te ne innamori se diventa troppo pesante. Dobbiamo dunque creare degli spazi per la vita privata. È cambiata la mentalità rispetto al passato: prima si stava nelle cucine di ristoranti e alberghi giorno e notte, ma, per fortuna, non è più così! Dobbiamo dunque trovare il modo migliore per adattarci al cambiamento, adeguando, in questo caso, la qualità del lavoro. Di ragazze e ragazzi in gamba ce ne sono.

 

Come spiega ai ragazzi come essere imprenditori?

Insegno a stare attenti agli sprechi, che coinvolgono tutte le scelte economiche relative ai piatti, alle materie prime, all’utilizzo di macchinari, corrente elettrica e gas. Spiego che ogni giorno dobbiamo stare attenti ai consumi: non tanto per risparmiare, quanto per lavorare con una certa mentalità, che è quella della sostenibilità. Perché l’azienda non è il proprietario, ma sono le persone che ci lavorano. È necessario coinvolgere i dipendenti. Ogni situazione deve essere motivata: questo deve fare il titolare. Solo così i dipendenti ti ascoltano e ti rispettano.

 

Quali sono le maggiori difficoltà che incontra oggi un giovane cuoco che voglia aprire il proprio ristorante?

Le difficoltà sono legate principalmente alle tantissime regole e normative esistenti per la gestione di un’attività in Italia. E un ragazzo ne viene travolto come da uno tsunami. Io cerco di fare da scudo in modo che i miei ragazzi non ne siano travolti in maniera devastante. Poi, con il tempo, apprenderanno. Occorre però seminare fin dall’inizio i principi fondamentali di un’impresa. Oggi, ad esempio, ho fatto una piccola riunione con tutto lo staff dell’Osteria in modo da avere un piccolo momento di confronto con i ragazzi sull’andamento dei primi giorni di attività.

 

Quali sono dunque i tre insegnamenti chiave che vuole trasmettere?

Credeteci sempre, abbiate coraggio e un pizzico di sana follia. Non dico la passione, perché è un ingrediente da avere a prescindere!