Succede in un ristorante di Malaga, in Spagna. Una strategia originale per affrontare il problema, diffuso anche in Italia, della mancanza di manodopera.

 

di Elisa Tonussi

 

Immaginate di prendere posto al vostro tavolo al ristorante: una griglieria. Affamati, di aprire il menù e sfogliarlo: succose carni alla brace, hamburger ricchissimi, fritti d’accompagnamento, monumentali coppe gelato. E poi… lo stipendio dei dipendenti del locale. Quale sarebbe la vostra reazione? Succede a Malaga, al Grillaera, ristorante informale, giovane, che serve carni alla griglia e hamburger. “Scegliendo il Grillaera stai contribuendo a creare una professione più giusta e a sradicare una piaga sociale che colpisce il settore della ristorazione”, recita lo slogan riportato sulla carta. Seguono le cifre relative al salario, che rispetta il contratto collettivo del settore di Malaga: 1.648 euro la paga lorda di un cameriere assunto per 40 ore alla settimana, 1.430 euro il netto, 537 euro la previdenza sociale. L’80% dei dipendenti del ristorante ha un contratto a tempo indeterminato e il 70% lavora 40 ore alla settimana, avendo diritto a due giorni di riposo consecutivi.

 

 

Che si tratti di un atto di trasparenza o di una geniale mossa di marketing – evidentemente riuscita – i titolari del locale hanno scelto di intervenire, in un modo senza dubbio originale, nel dibattito che anima anche la Spagna. Pure il Paese iberico, infatti, soffre una situazione analoga a quella italiana: manca manodopera nei ristoranti. Il Covid, ancora una volta, sarebbe una delle cause: numerosi hanno lasciato la professione con le incertezze della pandemia. In realtà, il Coronavirus non avrebbe fatto altro che esacerbare una situazione di precarietà salariale e di irregolarità contrattuali, che si trascina da anni.

 

Nel Bel Paese, intanto, il dibattito non sembra cessare. Per mesi il problema è stato sussurrato tra gli addetti ai lavori, poi Alessandro Borghese l’ha portato alla ribalta ed è iniziato il tam tam mediatico che infiamma social e quotidiani da diverse settimane, in un susseguirsi di dichiarati di ristoratori esasperati che lamentano di non trovare professionisti da assumere. Tanto che sembra ormai lo facciano apposta per far parlare del proprio locale. L’ultimo caso è quello del Butterfly, ristorante una stella Michelin di Lucca, che cerca un cameriere e un sommelier per una paga mensile di, rispettivamente, 1.600 e 1.900 euro. Il titolare Fabrizio Girasoli, in un’intervista al Corriere della Sera, afferma: “Offriamo un lavoro stabile, assicurato e ben retribuito, ma non ci sta scrivendo nessuno, se non poche persone senza qualifica. Ovvero che non hanno mai lavorato in un ristorante. Fino a pochi anni fa i curricula piovevano a decine. Poi però qualcosa è cambiato”. Nell’intervista punta il dito contro le cause oramai risapute: il mutato modo di pensare, il reddito di cittadinanza e i programmi tv.

 

Il risultato è che in Italia, come in Spagna, sembra che il settore della ristorazione sia come alle prese con un braccio di ferro costante tra presunti titolari sfruttatori e professionisti troppo esigenti. Al netto degli imprenditori scorretti e dei fannulloni, presenti in ogni categoria professionale, però, esistono certamente persone disposte a lavorare e dare lavoro in maniera corretta e trasparente. E non il caso che ristoratori e professionisti si lascino trascinare in questa ‘faida in cucina’. Altrimenti a perdere saranno, per forza di cose, entrambe le parti. È arrivato il momento, per associazioni di settore e istituzioni, di trovare soluzioni condivise.