Bergamo – L’inflazione sta incidendo sulle scelte di viaggio, costringendo molti italiani a ridimensionare i consumi, soprattutto nel comparto ristorativo. E’ quanto emerge da un’indagine sulla stagionalità curata da Roberta Garibaldi, docente all’Università di Bergamo e presidente di Aite–Associazione italiana turismo enogastronomico, condotta su un campione di oltre 1.000 turisti italiani.

 

In maggiore dettaglio, il 62% degli intervistati considera l’aumento dei costi di viaggio un limite e il 56% dichiara di avere un minor potere di spesa. In caso di necessità, il 21% dei turisti ‘sacrificherà’ la ristorazione – sommando standard, premium e fine dining – mentre il 15% inizierà alleggerendo il conto dei vini.

 

Nonostante la forte attrattività dei viaggi legati a cibo, vino e specialità locali, l’effetto-rincari pesa sui budget dei ponti stagionali e delle esperienze previste entro dicembre. Il 45% prevede soggiorni di due/tre giorni e il 33% di quattro/sette giorni, mentre solo il 6% opterà per una sola giornata senza pernottamento; altrettanti non viaggeranno affatto. L’88% trascorrerà comunque almeno una notte fuori casa. E l’Italia resta la destinazione principale: il 59% viaggerà solo entro i confini nazionali, il 22% combinerà Italia ed estero e il 19% sceglierà esclusivamente l’estero.

 

La componente enogastronomica, comunque, continua a essere determinante: il 66% considera la scoperta dei sapori la principale esperienza del viaggio. Il 52% parteciperà a degustazioni al ristorante, il 40% visiterà cantine e il 38% prenderà parte a eventi enogastronomici. Il 27% sceglierà frantoi o aziende olivicole, mentre la stessa quota abbinerà benessere e gusto. Le attività outdoor restano più popolari tra i 25–44 anni.