Dopo oltre dieci anni tra il Maison Troigros e il ristorante Ornellaia di Zurigo, il cuciniere campano torna in Italia. E’ il nuovo executive chef de La Madernassa, nel Roero, dove propone un menù tra contemporaneità e tradizione piemontese.

 

di Elisa Tonussi

 

Timido, al primo impatto. Ma determinato e orgoglioso. Giuseppe D’Errico è il nuovo executive chef de La Madernassa, il resort e ristorante nel Roero (Guarene, Cn), che, lo scorso autunno, ha visto la partenza di Michelangelo Mammoliti, che aveva portato la struttura a ottenere due stelle Michelin. Di origine campana, con un lungo trascorso all’estero prima nelle cucine di Michel Troisgors, poi al ristorante Ornellaia di Zurigo, D’Errico torna in Italia dopo 14 anni. Porta con sé un bagaglio colmo di esperienze umane e professionali. Che si traducono in un menù di ispirazione piemontese, ma di respiro internazionale. Tra cui una panna cotta …

 

Inizia per te una nuova avventura alla Madernassa: una bella sfida entrare alla guida di una cucina bistellata. Cosa significa questo nuovo progetto?

Il progetto mi entusiasma in modo particolare innanzitutto perché è la consacrazione del lungo percorso lavorativo che ho svolto all’estero e perché mi dà la possibilità di tornare in Italia dopo 14 anni. Inoltre è una grande responsabilità dal punto di vista dell’approccio alla cucina, visto che La Madernassa è sicuramente un punto di riferimento nel panorama della ristorazione in Italia e all’estero. Amo le sfide. Sono una persona caparbia, che cerca questo tipo di avventure. La Madernassa mi è sembrata il palcoscenico perfetto dove potermi esprimere. In questa avventura sarai affiancato anche da una nuova brigata.

 

Ci sarà anche tuo fratello Francesco come chef de cuisine. Come è avvenuta la scelta dei collaboratori?

Oltre a Francesco, mi affiancheranno alcuni ragazzi che mi hanno seguito dal ristornate Ornellaia, in Svizzera. Naturalmente è motivo di grande orgoglio per me, perché significa che sono riuscito a dare loro qualcosa. La professione del cuoco, per sua natura, richiede di essere trasmessa e insegnata. Di conseguenza, considero un grande segno di riconoscimento che questi ragazzi abbiano deciso di lasciare la Svizzera per venire in Piemonte.

 

Hai citato l’esperienza in Svizzera, ripercorriamo insieme la tua formazione e soprattutto i 14 anni trascorsi all’estero.

La mia carriera come cuoco inizia nell’estate dopo la maturità. Terminato il liceo, non mi sentivo soddisfatto del percorso che avevo intrapreso, ho quindi rinunciato alla mia prima estate ‘libera’ dalla scuola per lavorare in un ristorante di Nusco, in provincia di Avellino. Non mi ero mai sentito così bene! Ho capito che la cucina era la mia vocazione e che sarebbe stata la mia strada. Mi sono così iscritto all’accademia di alta cucina di Gualtiero Marchesi, Alma. Ho iniziato a conoscere e padroneggiare i fornelli finché Luciano Dona, il direttore didattico di allora, non mi ha aperto le porte oltreconfine, in Francia.

 

Ed è qua che entra nella cucina del Maison Troisgros.

Esattamente. Ho trascorso sei anni al ristorante di Michel Troisgros, di cui quattro come sous chef. Ho poi gestito l’apertura del ristorante Ornellaia di Zurigo, dove sono rimasto altri quattro anni. Considero Michel Troisgros il mio mentore, quasi un padre. Il nostro rapporto è stato talmente stretto che mi ha formato non solo come professionista, ma anche come persona. Ha certamente contribuito a rendermi l’uomo che sono oggi.

 

Cosa ti ha insegnato?

Dal punto di vista professionale, ha stimolato la mia curiosità e mi ha insegnato a pormi sempre mille quesiti, senza sentirmi mai arrivato. Questo approccio mi consente di rinnovarmi costantemente e proporre sempre una cucina contemporanea. Mi ha poi insegnato a cercare il dettaglio che fa la differenza. Umanamente, invece, Michel mi ha fatto scoprire il piacere… di far piacere: la soddisfazione del cliente è il fine ultimo del lavoro del cuoco. Noi chef non lavoriamo per compiacere il nostro ego.

 

Cosa hai portato alla Madernassa di questi 14 anni?

Il viaggiare mi ha sicuramente consentito di aprirmi al mondo e ampliare i miei orizzonti. Ho potuto superare i miei limiti, liberarmi di preconcetti ed esplorare nuove possibilità. Torno in Italia con una maggiore consapevolezza. Ma non ho mai dimenticato chi sono e da dove sono partito. Anzi, posso dire che il percorso all’estero mi ha consentito di affinare e arricchire il mio bagaglio culturale e tecnico.

 

Sostenibilità e rispetto per la natura sono la cifra della Madernassa. Dimmi di più.

Il termine sostenibilità è stato abusato negli ultimi tempi. Preferisco parlare di ‘scelte etiche’, che riguardano tutte le fasi del nostro lavoro, dalla scelta degli ingredienti alla selezione dei fornitori, fino alla cucina e al piatto. Scegliamo ovviamente ingredienti stagionali, in modo da garantire il massimo della qualità nel rispetto dei cicli della natura, non solo per quanto riguarda i prodotti vegetali, ma anche per il pesce e la carne.

 

E c’è anche un orto, è corretto?

Esatto. È un progetto che porto avanti con fierezza e orgoglio. In questo modo posso proporre una cucina più sostenibile sia dal punto di vista della creazione del piatto, sia di tutti i processi di produzione della materia prima riducendo al minimo la filiera. In questo modo possiamo verificare al 100% la qualità del prodotto che proponiamo. I vegetali saranno dunque presenti in tutti i miei piatti come componente principale. Adotto, però, un approccio responsabile anche quando si tratta di selezionare i miei fornitori. Ho appena ricevuto un carico di bambù, ad esempio, che sarà utilizzato per la brace.

 

Il bambù?

Proprio così! Ha un alto potere calorifico, quindi dura più a lungo rispetto alla normale brace. Inoltre non sprigiona odori, non produce fuliggine e le sue ceneri possono essere utilizzate come fertilizzante per i terreni perché ricche di carbonio.

 

Tornando ai fornitori, come sta procedendo la selezione?

Mi sto addentrando quanto più possibile sul territorio per trovare artigiani locali. Cerco professionisti che condividano la stessa visione della Madernassa, oltre a garantirci un buon prodotto. Credo che la ricerca della qualità debba partire dalla filiera.

 

Possiamo parlare di un nuovo concetto di cucina dunque?

Diciamo che mi sono trovato a ridefinire i canoni di bontà cercando note vegetali con fiori, piante ed erbe, che, nella mia filosofia di cucina, rappresentano la punteggiatura di un piatto. Ho voluto addentrarmi al massimo nel territorio piemontese, cercando di approfondire la mia conoscenza dei classici della tradizione locale, che talvolta sono anche quelli della cucina internazionale, come il vitello tonnato, la panna cotta o il fritto piemontese. Alcune preparazioni, infatti, sono comuni alle tavole d’Oltralpe. Ho quindi declinato in maniera moderna e contemporanea la cucina locale, in alcuni casi arrivando a eliminare gli ingredienti animali a favore di quelli vegetali. Proporrò, ad esempio, la salsa tonnata, anziché con il classico vitello, con un vegetale.

 

Come descriveresti la tua cucina?

Non amo le etichette in generale. Il mio modo di cucinare è fortemente identitario: racchiude idee, racconti, esperienze ed emozioni. Talvolta anche in maniera provocatoria. Per me la cucina è passione, dedizione, libertà, consapevolezza. È anche un talento, che deve essere nutrito con la pratica e il rigore.

 

Quale piatto meglio rappresenta il nuovo corso della Madernassa con Giuseppe D’Errico?

Ce ne potrebbe essere più di uno! Il piatto a cui sono più legato, che mi ha dato estrema soddisfazione nel realizzarlo, è la panna cotta ispirata ai quadri di Piet Mondrian. Il piatto è composto da alcune polpe di frutta ridotte, impresse su una panna cotta, che riprodurranno l’estetica delle opere di Mondrian. Un piatto tipico regionale, reinterpretato in chiave più ampia.