Dal 18 ottobre l’ex chef de Il Carignano di Torino debutta al ristorante del Lingotto. Con tanta ambizione. E un obiettivo molto preciso. Ecco cosa ci ha anticipato.

 

di Elisa Tonussi

 

“Sai perché manca CO2? È tutta colpa mia: sono gasatissimo!”. Parla per metafore. Fa battute. Fabrizio Tesse, classe 1978, ai fornelli dall’età di 17 anni, è impaziente di cominciare. Dal 18 ottobre debutterà ufficialmente nelle cucine de La Pista, il ristorante gestito da Gerla 1927 all’interno del Lingotto di Torino, affacciato sull’ex pista di collaudo della Fiat. La carriera di Tesse, fin dagli esordi, lo vede impegnato in cucine di altissimo rango: prima alla Taverna del Pittore di Arona, che in quegli anni vantava una stella Michelin, poi al Caffè Groppi con lo chef Fabio Barbaglini. Arriva dunque il trasferimento in Spagna, dove lavora alla corte del tristellato Martìn Berasategui. Poi la grande occasione a Villa Crespi, con Antonino Cannavacciuolo, dove rimane dieci anni. Quando Tesse spicca il volo in solitaria, arrivano anche per lui gli ambiti macaron della Rossa: il primo nel 2015 alla Locanda d’Orta, a Orta San Giulio (No), poi nel 2018 al Carignano a Torino. Quando nel 2019 diventa executive chef del Boscareto Resort, conferma la stella che già la struttura di Serralunga d’Alba vantava. Oggi Fabrizio Tesse corre, velocissimo, in Pista.

 

Pronto per iniziare questa avventura?

Prontissimo: Gerla 1927 (proprietaria del ristorante, ndr) è un’azienda importante, storica, che ha voglia di fare e investire e dimostra di voler andare avanti. E non ho potuto fare altro che ingranare la marcia e partire a tutto gas. Purtroppo, proprio qui a Torino, sono entrato in concorrenza con una realtà, quella de Il Carignano, che mi sta vicino e che lascio grato per la strada che abbiamo percorso insieme per cinque anni.

 

Una separazione avvenuta nel migliore dei modi dunque…

Certamente. Ho voluto cogliere l’opportunità che Gerla 1927 mi ha offerto perché mi ha dimostrato di aver voglia di fare. Io sono ambizioso. E sento di avere ancora qualche cartuccia nel caricatore: voglio spararla. Poi, insomma, La Pista si trova nel polo industriale più grande d’Italia, un luogo storico, oltre che simbolico perché qua è nata la Fiat, che negli anni ha rappresentato un’importante opportunità per numerose famiglie in tutto lo Stivale.

 

Come è nato il nuovo menù?

È nato giocando proprio sul tema della pista. Ricordo infatti che il ristorante si trova proprio sul rettilineo di quella che un tempo era la pista di collaudo della Fiat, che oggi è stata riconvertita in un giardino botanico. Non ci troviamo quindi nel centro della Torino sabauda, quella dei salotti un po’ polverosi, bensì nella Torino dinamica della ripartenza. Abbiamo già rivelato uno dei piatti che comporranno il menù: il Testacoda. Si tratta di una testina di vitello croccante alla torinese con coda di vitello brasata, il nome quindi richiama tanto il contenuto del piatto quanto il contesto in cui ci troviamo. C’è poi un dessert che si chiama Portamisù, una rivisitazione del classico tiramisù. Abbiamo anche un menù a tema, il Fuoripista: un percorso di degustazione a mano libera, sette portate a sorpresa per il cliente. Ovviamente la nostra proposta includerà numerosi altri piatti creativi ideati per La Pista e alcuni dei miei cavalli di battaglia. È giusto riproporre i ‘classici’, che critica e clientela negli anni hanno apprezzato.

 

Quale piatto quindi pensa che la rappresenti di più?

In questo momento sicuramente il Testacoda. Il piatto che più sento mio storicamente, invece, è il piccione con foie gras, Banyuls e capesante al grué di cacao. Questo, però, non sarà in menù. Più avanti vedremo. Se il mio mentore (Antonino Cannavacciuolo, ndr) lo toglie dalla carta, allora lo metto io!

 

Insomma, il contesto l’ha ispirata molto. Quali sono, invece, le tracce del suo passato nella nuova proposta della Pista?

Sono gasatissimo, per usare un termine tecnico! Sicuramente tutte le esperienze vissute portano ispirazione. Ormai non sono più un ragazzino e di strada ne ho fatta: da Martín Berasategui in Spagna, poi Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi, Fabio Barbaglini al Caffè Groppi, Pina Beglia ai Balzi Rossi…  Tutto fa bagaglio, poi ciascuno plasma la propria personalità. Non si copia. Ma si cerca di trarre il meglio da ogni esperienza.

 

I rincari e il contesto economico in cui ci troviamo hanno influenzato il modo in cui si è approcciato al lavoro al ristorante?

Abbiamo ribassato i prezzi sul menù, ma non per la questione rincari: non avendo ancora confermato la mia carriera in questo locale, ho scelto di proporre un menù a prezzi inferiori rispetto a quelli che ho proposto in passato. Preferisco partire con calma, sperando poi di allinearci ai prezzi degli altri ristoranti del nostro stesso livello.

 

E per quanto riguarda la scelta delle materie prime?

Cerco sempre di comprare prodotto italiano. Ma in alcuni casi non posso fare a meno di rivolgermi all’estero: c’è tanta Francia nella mia cucina, insieme a Piemonte e Liguria. C’è anche qualche prodotto etnico.

 

Come seleziona i suoi fornitori?

Cerco certamente il rapporto umano e alta qualità, naturalmente. La sostenibilità, poi, conta sempre. E conterà sempre di più in futuro. Per andare avanti bisogna guardare indietro. La mia cucina è fatta di gusti codificati. Quindi, se quando ero piccolo mangiavo latte e castagne, cerco di riproporre gli stessi sapori in veste attuale.

 

Qual è dunque il suo obiettivo a La Pista?

Sono scaramantico, non glielo voglio dire! Sarebbe, però, la quarta in carriera …

 

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