Dopo la decisione del governo francese di rendere obbligatorio il certificato sanitario per accedere a bar e ristoranti, il dibattito approda anche in Italia. Le opinioni dei ristoratori.

 

di Elisa Tonussi

 

Godersi una cena al ristorante o una visita al museo, o più semplicemente salire su un treno, potrebbe diventare una vera e propria gimcana tra tamponi, certificati vaccinali o di guarigione, e QrCode da scaricare sul proprio smartphone. Il green pass, a oggi obbligatorio per spostarsi in Europa o in Italia tra regioni di diversi colori, per partecipare a feste e banchetti o per entrare in una Rsa o altra struttura sanitaria, potrebbe essere richiesto anche per entrare in bar, ristoranti e discoteche (se mai riapriranno), per vedere spettacoli o accedere a eventi sportivi o fieristici. Il dibattito pubblico è aperto. I punti interrogativi restano numerosi. Ma facciamo un passo indietro.

 

Nella giornata di lunedì, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato l’estensione dell’obbligo di presentare il pass sanitario per entrare in tutti i luoghi di svago e di cultura con capienza superiore a 50 persone. La norma, che, secondo quanto riporta Le Figaro, sarà in vigore dal 21 luglio, riguarda tutti coloro che hanno compiuto i 12 anni di età. Anche per entrare nei bar e nei ristoranti, dunque, sarà necessario presentare un certificato di tampone negativo o avere effettuato da due settimane la seconda dose di vaccino anti-Covid. Subito è scattata la preoccupazione degli operatori del settore della ristorazione: “Siamo consci della situazione sanitaria nel Paese, ma sarà difficile introdurre il pass sanitario perché non siamo poliziotti né buttafuori. Chiedere il green pass ai clienti sarà una questione delicata”, afferma Franck Delvau, presidente di un sindacato di settore al quotidiano francese. E aggiunge: “Considerando il numero di persone vaccinate nel Paese – una su tre – perdiamo così due potenziali clienti. Dovranno essere rivisti gli aiuti economici”. Circa 20mila persone, inoltre, sono scese in piazza in una ventina di città tra cui Parigi, Strasburgo, Marsiglia e Tolosa, per protestare contro la misura. Che, al contempo, ha innescato un’impennata nelle prenotazioni delle prime dosi di vaccino.

 

Il successo ottenuto dalla mossa francese ai fini della campagna vaccinale ha presto acceso il dibattito anche in Italia, dove, vale la pena ricordarlo, a oggi ha completato il ciclo vaccinale poco più del 46% della popolazione over 12. In maggiore dettaglio, non ha ancora ricevuto nemmeno una dose circa metà della popolazione tra i 20 e i 39 anni. La percentuale scende a 37,96% per la fascia dei 40-49enni, a 26,94% per i 50-59enni, a 18,97% per i 60-69enni e a 13,31% per i 70-79enni. Dati su cui pesa in parte la diffidenza e paura nei confronti dei vaccini, in particolare Astrazeneca, in parte l’attendismo per via delle ferie estive.

 

Ha senso dunque estendere anche nel Bel Paese l’obbligo di presentare il pass sanitario per accedere a bar e ristoranti? Secondo Fipe – Confcommercio “non è accettabile che per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie. […] Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività significa compromettere la ripartenza e allontanare le migliaia di professionisti che stavano tornando pian piano ad avere fiducia e a mettere le loro competenze a disposizione dei locali”.

 

Il mondo della ristorazione di alta gamma, invece, sembra unito di fronte alla proposta: gli chef si dimostrano favorevoli, specialmente se dovesse servire a evitare ulteriori chiusure. “Secondo me non è necessario avere il green pass nelle aree esterne, nei dehors, ma se la misura passasse per le sale interne io non avrei problemi. Tutto pur di non richiudere per una nuova ondata di contagi”, afferma Carlo Cracco sulle pagine di Cook. Anche Gianfranco Vissani si è pronunciato in merito: “Il green pass per accedere ai ristoranti è una follia”, tuona ai microfoni di Adnkronos insieme al figlio Luca, “ma se dovesse essere l’unico modo per evitare le chiusure dei lovali, che green pass sia!”.  Per Giancarlo Perbellini è perfino “l’unica speranza per uscire da questa situazione”. Gli fa eco Moreno Cedroni, che aggiunge: “Rappresenterà un incentivo, per chi ancora non l’ha fatto, a sbrigarsi a prenotare il vaccino”. Interviene anche Cristina Bowerman nel dibattito affermando che “il green pass obbligatorio nei ristoranti è una necessità dettata dalla situazione”. “Abbiamo aspettato troppo tempo, il green pass va reso obbligatorio subito”, prosegue la chef. “Basta usare un semplice scanner”.

 

Insomma, il timore che la richiesta di green pass possa scoraggiare gli avventori di bar e ristoranti è fondato: metà della popolazione non ha ancora completato il ciclo vaccinale e per queste persone significherebbe sottoporsi a tamponi continui. Occorre, però, considerare l’altra faccia della medaglia. Da una parte costituirebbe un incentivo a prenotarsi per chi ancora non ha ricevuto la prima dose di vaccino, anche se pesano le incognite legate alle forniture, dal momento che l’Italia ha interrotto le consegne di Astrazeneca e Johnson&Johnson. Dall’altra darebbe maggiori garanzie di sicurezza ai clienti ancora timorosi di frequentare i locali pubblici.