A 150 anni dalla prima apertura, Villa d’Este si appresta ad affrontare una nuova epoca per l’hôtellerie di lusso. Fatta di esperienze ed emozioni. Ne parliamo con il Ceo del Gruppo.

 

di Elisa Tonussi

 

Davide Bertilaccio, dallo scorso aprile, è il nuovo Ceo del Gruppo Villa d’Este. È subentrato a Danilo Zucchetti, ora ai vertici di Baglioni Hotels & Resorts. Friulano, ha un curriculum di tutto rispetto nel settore dell’ospitalità di lusso: ha lavorato per Four Seasons e Rocco Forte ed è stato regional vice president e managing director di Rosewood Hotels & Resorts. E ora l’oneroso compito di guidare le quattro strutture del gruppo –  l’iconico hotel Villa d’Este sul Lago di Como, Villa La Massa a Firenze e i due quattro stelle comaschi Palace Hotel e Hotel Barchetta Excelsior – in questo delicato periodo storico, nonché nell’anno del 150esimo anniversario dalla prima apertura. Ma Bertilaccio ha chiaro in mente cosa c’è nel futuro di Villa d’Este: un’offerta attenta di esperienze emozionali. Perché “gli ospiti cambiano e con loro le aspettative”. Ecco cosa ci ha raccontato.

 

È da poco approdato a Villa d’Este: che cosa l’ha spinta ad accettare questo incarico?

Credo sia stata la voglia di lavorare su un progetto ambizioso come ‘traghettare’ un’icona a livello mondiale verso il futuro, mantenendo ben forte il legame con il suo passato glorioso dopo due anni complicati. Sicuramente un privilegio per me.

 

Quale sarà il nuovo corso del Gruppo sotto la sua guida? 

Sia il gruppo sia l’albergo in sé devono cominciare a guardare al futuro. Se per 150 anni ha vissuto della clientela fenomenale che lo ha popolato, Villa d’Este non è più l’unico player nel bacino di Como: negli ultimi anni il Lago si è popolato di competitor eccellenti. Il mio obiettivo è riuscire a cambiare l’approccio all’ospite. Gli ospiti cambiano e con loro le aspettative: la sfida è mantenere il Dna di Villa d’Este proiettandola verso il futuro con una ricerca e un’offerta attenta e intelligente di esperienze emozionali.

 

Ha intenzione di introdurre novità nell’offerta ricettiva del Gruppo Villa d’Este?
La novità più importante, un punto di svolta, è di estendere l’apertura sotto le festività natalizie per celebrare il Natale e Capodanno, chiudendo la prima settimana di gennaio. Era già successo nel 1999, al passaggio del millennio e quest’anno c’è la volontà di capire come si possa estendere questa stagionalità. L’idea mi piace molto, perché vengo da una realtà dove ho cercato di fare la stessa cosa. L’Italia, erroneamente, viene concepita come una meta primaverile ed estiva. Ma ha molto da offrire anche in autunno e inverno, fuori dall’affollamento della richiesta dei turisti estivi, quando c’è più relax e i soggiorni possono essere più culturali, volti alla ricerca enogastronomica. Mi piacerebbe che questa parte dell’Italia venisse valorizzata maggiormente in autunno e inverno perché ha moltissimo da offrire.

 

Quante prenotazioni avete già ricevuto per l’estate 2022?

Sarà una stagione esplosiva. Non riusciamo a stare dietro a tutte le richieste: viaggiamo su livelli di occupazione altissimi. Dopo due anni di pandemia e rinuncia, c’è voglia di ripresa.

 

Quale variazione rispetto al periodo pre-pandemico?

Ci sono state variazioni in termini di appuntamenti, come per il Concorso di Eleganza, la nostra manifestazione dedicata alle più belle auto d’epoca, che nel 2021 era slittato a fine estate, mentre quest’anno è tornato a maggio, data canonica dai tempi del pre-Covid. Per quanto riguarda le prenotazioni, invece, i numeri sono quelli del pre-Covid: sono finalmente tornati i clienti nord americani.

 

In quale modo la pandemia ha cambiato l’ospitalità di lusso?

L’ospite è diverso nel post-Covid: è più esigente e vuole di tutto di più. Il vero lusso sono le esperienze emozionali che gli alberghi possono regalare: inaspettate, vere e rappresentative. Oggi le persone viaggiano con altre e nuove aspettative, sono molto più preparati. Inoltre, è la destinazione che fa l’hotel e non più il contrario: l’approccio al viaggio è completamente nuovo.

 

Non solo la pandemia, la guerra in Ucraina e le sanzioni che ne sono conseguite stanno minando il turismo di lusso sul Lago di Como. E’ significativa la presenza di viaggiatori russi nella vostra struttura?

Sembrerà strano, ma sul Lago sembra che nessuno se ne sia accorto: è forse questo il lato preoccupante? Nonostante tutto, il Lago di Como sta vivendo uno dei suoi periodi più floridi, con numeri che superano di gran lunga il 2019. E, attenzione, un +20% dal 2019, non dal 2020 o dal 2021. La presenza della clientela russa, comunque, non è mai stata particolarmente significativa a Villa d’Este. Gli americani, invece, ci sono da tempo e continuano a venire. La domanda che ci facciamo è se il ritorno degli statunitensi possa essere duraturo, visto che negli States si prospetta una crisi economica dal prossimo anno in poi.

 

A proposito della stagione estiva alle porte, avete riscontrato difficoltà nel trovare lavoratori stagionali?

A Villa d’Este abbiamo la fortuna di avere personale molto fedele. Alcuni hanno iniziato come primo lavoro e sono rimasti, altri ritornano stagione dopo stagione per molti anni: mi ha sempre colpito questo sentimento di appartenenza. Detto questo, negli ultimi tempi è cambiato molto l’approccio all’ospitalità degli alberghi, soprattutto dal momento che è cambiato proprio l’approccio alla ricerca del personale.

 

Quali pensa siano le ragioni di una simile situazione e quali le possibili soluzioni?

Ritmi lunghi e serrati rendono sempre più difficile la ricerca di professionisti, soprattutto dopo il Covid. A Villa d’Este vogliamo puntare su un sistema formativo, ottimale per permettere ai dipendenti di lavorare in un ambiente sereno, stimolante e affidabile. Parliamo poi di salari competitivi e di tutto un insieme di benefit: dagli alloggi ai pasti, fino alle divise. C’è da dire che le nuove generazioni sono le più volubili: se sono cambiati gli ospiti sono cambiati anche i dipendenti, che hanno molte più domande e forse a volte meno aspettative motivazionali.

 

La preoccupa, invece, l’aumento dei costi delle utility?

Un po’ di preoccupazione è inevitabile, è difficile fare delle previsioni con questo andamento al rialzo così repentino. Abbiamo la fortuna di avere un flusso di turismo e di richieste senza precedenti e proprio per questo riusciamo a bilanciare l’innalzamento dei costi. Per il momento resistiamo, vedremo in futuro.

 

Viste le diverse sfide di questo periodo storico, qual è, secondo lei, il futuro dell’ospitalità di lusso?

Polarizzato. A mio parere, ci sarà grosso problema in tutto quello che è tre-quattro stelle: i cinque stelle, al contrario, vivranno un momento florido, vista la grande richiesta, dal momento che il potere di acquisto di chi può permettersi questi hotel è aumentato. Bisogna essere pronti a fronteggiare questo momento con un’offerta diversificata e proattività. I conservatori del turismo di lusso, fermi sulle proprie posizioni, ne pagheranno le spese.