Le classifiche culinarie di TasteAtlas.com, costruite coi click di tanti visitatori anonimi che dichiarano il loro gradimento per piatti e prodotti, sono citate perfino dal ministro Lollobrigida. La verità è che sono generiche, pressapochistiche e prive di qualunque controllo. Un capolavoro di marketing.

 

di Tommaso Farina

 

“Lo sapete che la cucina italiana è la migliore del mondo? L’ha detto internet”. Una simile asserzione farebbe riflettere: una cosa è buona perché lo dice un sito web? A quanto pare, sì: le famigerate classifiche di TasteAtlas.com, il sito web in cui il giornalista croato Matija Babić si mise in testa di catalogare tutti i cibi del mondo, finiscono spesso tra i titoli di agenzia. Anni fa, ci si è messo pure un Francesco Lollobrigida fresco di nomina ministeriale: “La cucina italiana prima al mondo anche in questa classifica del portale TasteAtlas. Per noi questo primato è una certezza da sempre, ma non può che far piacere l’ennesima conferma di come i nostri piatti tradizionali siano considerati in tutto il Pianeta simbolo di qualità”, scriveva l’esponente di governo il 16 dicembre 2022, tra una tombolata e l’altra. Se un sito internet viene addirittura citato dal titolare del dicastero delle Politiche Agricole, occorre indagare.

 

Per la cronaca, anche oggi, la cucina italiana risulta prima nella classifica TasteAtlas. Dietro di lei, quella giapponese e quella greca. Gli odiati francesi, per la gioia dei nazionalisti più pantofolai, sono solo ottavi, sopravanzati non solo dai cinesi ma perfino dagli indonesiani e dai portoghesi. Tutto molto bello, direbbero in quel film. Ma chi stabilisce qual è la cucina migliore? A lato della classifica, compaiono alcune righe di spiegazione: “Sulla base di 395.205 valutazioni di piatti (271.819 valide) e 115.660 valutazioni di prodotti alimentari (80.863 valide), queste cucine hanno registrato le migliori valutazioni medie per i rispettivi 50 piatti e prodotti alimentari più votati. Se due cucine hanno la stessa valutazione media, quella con il piatto con il punteggio più alto verrà classificata più in alto”. Ok.

 

Quindi facciamo mente locale: come si vota? Basta una generica registrazione che non chiede nulla. Bisogna entrare nelle pagine dei singoli prodotti, poi cliccare su un prodotto. In basso, ci sono tre opzioni: inserire questo cibo in un elenco di roba buona ‘Da provare’, aggiungerlo a una lista e giudicarlo per averlo mangiato. Ecco, quest’ultima è la voce che ci interessa. Ci si clicca sopra e appare una finestra di dialogo per aprire un account. Bastano un indirizzo email e una password, ma se si ha già un account Facebook o Google non serve neppure questo: si clicca e si è registrati in cinque secondi. Poi si vota, dando un punteggio da 1 a 5 stellette.

 

Cosa vi ricorda tutto questo? Bravi: Tripadvisor. Con la differenza che in Tripadvisor occorre almeno far finta di aver visitato un ristorante e provare a scrivere due frasi in croce, mentre qui i commenti sono del tutto opzionali, e di fatto non li scrive nessuno. Avete capito bene: con questo sistema di stellette, per dirne una, è nata la graduatoria dei 100 Formaggi che ha fatto sdilinquire di piacere parecchi italiani, tra cui (incredibile) perfino alcuni consorzi di tutela, che hanno dedicato ai loro buoni piazzamenti finanche dei comunicati stampa. Sempre per la fredda cronaca, il terzo formaggio più buono del mondo risulta essere un non meglio identificato ‘Stracchino di crescenza’, italiano, che fa pensare a un pressapochistico raggruppamento di generici stracchini e crescenze fresche in una sola voce.

 

La cosa che stupisce, è come abbia fatto un simile sito a guadagnarsi titoli sui giornali e attenzioni planetarie con le sue lunari classifiche stilate da anonimi cliccatori. Lavinia Martini, caporedattrice di CiboToday, in un articolo dall’eloquente titolo di C’è una ‘Wikipedia del cibo’ che fa disinformazione a raffica, è brutale ma chiara: “Cosa ci insegna tutto questo? Prima di tutto che è inverosimile che una classifica a livello mondiale possa essere realmente attendibile, a meno di non considerare il mondo grosso come una pallina da tennis. La seconda è che il meccanismo dei premi è più importante della modalità – spesso limitata – con cui si assegnano. Dunque è più facile trovare controversie da parte di chi è rimasto fuori dalle classifiche rispetto a chi ne ha in qualche modo beneficiato. In terzo luogo, ribadiamo l’ovvio: non abbiamo veramente bisogno di una classifica che ci riconosca dei meriti, soprattutto senza una procedura attendibile. Questo accade in questo settore perché, come si dice da un po’, il cibo viene spesso usato come strumento di propaganda, autorappresentazione, identità spicciola e affermazione di superiorità. Ecco che l’inverosimile diventa spiegabile e anche un sito croato una fonte super attendibile”. In poche parole, mister Babić è un genio del marketing.

 

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