Giorgio Pinchiorri, dopo il patteggiamento per stalking, ha mantenuto il voto sulla Michelin. Per alcuni gli andava abbassato.
di Tommaso Farina
La settimana appena trascorsa ha portato nel mondo della ristorazione qualche nuova polemica, tanto per avvicinarsi a Natale con l’animo più sereno. Motivo del contendere? Enoteca Pinchiorri e le sue Tre Stelle Michelin.
E che c’è da dire? Michelin ha mantenuto l’immenso locale di Firenze nel suo empireo. Alcuni se ne sono stupiti, e immaginavano un declassamento. La cucina di Annie Féolde ha inanellato erroracci? I camerieri sono diventati teppisti? Il sommelier ha servito uno Château Haut-Brion che sapeva di tappo? Macché: patron Giorgio Pinchiorri poco tempo orsono ha patteggiato quattro mesi di carcere (pena sospesa) per stalking ai danni di una dipendente. Altro? No, nient’altro. Secondo alcuni autori, la Guida Rossa, viste le condotte poste in essere (massì, usiamo il legalese, ci adeguiamo) da Pinchiorri, avrebbe dovuto ipso facto abbassargli il voto. A sollevare la questione sono state Sonia Ricci sul quotidiano Domani e Chiara Cavalleris su Dissapore, con due articoli molto interessanti.
Interessanti anche perché, tra i commenti che hanno suscitato, è venuto fuori il latente giacobinismo e, per usare una parolaccia, il moralismo che, anche se si fa finta di ignorarlo, intride fino alle midolla un mondo conformista e perbenista come quello della ristorazione. “Basterebbe iniziare a non recensire un posto solo in base al gusto ma anche all’etica. Se si pagano i fornitori, i dipendenti, se si fanno lavorare le persone 18 ore, se un prezzo di un piatto è troppo basso ad esempio da qualche parte qualcosa non torna. Eppure non tutti a dire quanto sia buono un piatto”: queste le parole scritte su Facebook da Oliviero Alotto, fiduciario torinese di Slow Food. Con tutto il rispetto: i critici sono critici o investigatori, spulciatori di casellari giudiziari? L’ipotesi di valutare un ristorante per quello che fa (ristorazione) e non per i peccati più o meno recenti degli chef è così peregrina?
Semmai c’è da meditare su un tema ulteriore, come le stesse Ricci e Cavalleris chiosano: si danno premi alla sostenibilità, mentre le fatiche e le condizioni dei collaboratori dei ristoranti sono spesso ignorate da tutti e passano in cavalleria. Le emissioni zero valgono più delle persone?
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