In un ristorante di Washington DC, lo chef Christian Irabién propone alcune pietanze con cavallette, formiche e vermi dell’agave. Lo fa per svelare un aspetto inedito della cucina messicana. Oltre che un ingrediente ricco di gusto e potenzialità.
di Elisa Tonussi
Da qualche mese, lo chef Christian Irabién ha inserito nel menù del suo Amparo Fondita, ristorante di cucina messicana a Washington DC, anche i ‘bichos’. Mai sentiti nominare? Ebbene, sono gli insetti, letteralmente. In alcune aree del Messico, infatti, non è infrequente che vengano consumati. “Nei campi di mescal, dove lavorano soprattutto comunità Zapotec, o nello Yucatan, dove vivono comunità Maya, capita che ti invitino a sederti e ti dicano che stanno mangiando insetti. È semplicemente parte del contesto”, spiega Irabién al Washington Post. La sua scelta deriva dunque dal desiderio di raccontare un lato differente della cucina messicana, poco noto ai clienti americani. Lo chef li accompagna, con ironia, gusto e leggerezza, a scoprire un ingrediente ricco di sapore e di potenzialità.
Nato a Chihuahua, in Messico, e cresciuto a El Paso, in Texas, Christian Irabién, titolare e chef di Amparo Fondita, propone sapori tradizionali frutto di ingredienti locali e stagionali, che la Guida Michelin ha definito “creativi e contemporanei”. Il locale, che ha inaugurato nel 2023, è in breve tempo diventato un’istituzione a Washington. Ha anche ottenuto diversi riconoscimenti, come la menzione tra i migliori 100 ristoranti della città su The Eater 38, classifica dell’omonimo autorevole magazine gastronomico americano, e il Bib Gourmand della Guida Michelin, cioè il titolo assegnato ai locali con il miglior rapporto qualità-prezzo.
Il menù è molto ricco e vario. Spazia dai totopo (triangoli fritti di tortilla, la ‘piadina’ messicana) alle empanada (delle specie di panzerotti con varie tipologie di ripieno), fino ai taco e alle tostada (tortilla variamente farcite). Non mancano alcuni ‘clasicos’: gamberi con salsa mole, puntine di manzo al barbecue e spalla di maiale brasata. Tra una voce e l’altra del menù compaiono, come fossero un ingrediente qualunque, anche gli insetti: le formiche chicatana sono il principale condimento di una delle tostada in carta e possono essere aggiunte ad alcuni piatti, come al chile relleno (un peperoncino ripieno) e ai sopecito, (‘tartine’ realizzate con delle tortilla di mais più spesse del normale). Ci sono insetti perfino nella carta dei cocktail a guarnire il margarita, che viene servito con sale di cavallette e vermi dell’agave rossa, una rarità, disponibile solo in alcuni periodi dell’anno.
“Gli insetti sono un ingrediente che mi consente di giocare in cucina”, racconta lo chef al Washington Post, “e mi permette di aggiungere qualcosa in più per i nostri clienti e la nostra comunità. L’uso degli insetti, inoltre, ci permette di far conoscere un certo tipo di alimentazione e di proteina, che esistono da generazioni”. C’è, infatti, un ulteriore aspetto da tenere considerazione: secondo la comunità scientifica, gli insetti sono una fonte proteica alternativa e sostenibile, che richiede quantità di acqua, mangimi e suolo ridotte rispetto all’allevamento di bestiame.
Lo chef si procura gli insetti direttamente in Messico. Non è facile, infatti, trovarne negli Stati Uniti tanto che, in passato, quando andava in Messico, riempiva le valigie con panetti di cavallette essiccate e compattate. Nel tempo ha quindi creato una rete di persone che sono in grado di procurargli perfino specie più rare. Oggi, ad esempio, Irabién si rivolge a una famiglia di Oaxaca che cattura insetti in maniera sostenibile, lasciandone in libertà un numero tale da consentire il ripopolamento dell’area.
E la reazione dei clienti? “Proporre insetti è una sfida ardua. La reazione dipende sempre dalla persona che si ha davanti: da quanto è aperta, da quanto è avventurosa”, spiega Irabién al Washington Post. “Io ripeto sempre che l’esperienza non è per nulla come te la aspetti. Il gusto degli insetti è sorprendente. È unico”. Irabién accompagna i suoi clienti per piccoli passi nella degustazione di un ingrediente così inusuale, sconosciuto, perfino spaventoso. Lo fa senza prendersi troppo sul serio: “A volte considero una vittoria che un ospite si limiti a guardare il piatto che contiene insetti”, racconta il cuoco. “Quando un cliente si trova il piatto davanti e decide di non volerlo più assaggiare, gli spiego: ‘Ora che lo hai visto, sai cos’è. Ci sei più vicino. Magari, la prossima volta, con due mescal (un distillato dell’agave, ndr) in corpo, qualcuno lo ordinerà e deciderai di assaggiarli anche tu!’”. Il suggerimento di Irabién per i suoi clienti? “Prova gli insetti con il mescal. Di solito ci stanno e li assaggiano”.
Ph: profilo IG @amparofondita