I dati dell’Osservatorio Ristorazione per il 2024 certificano un abnorme aumento dei consumi, ma anche il più alto numero di chiusure in 10 anni. Com’è possibile? Semplice: per mangiar fuori si spende di più.
di Tommaso Farina
Arriva la primavera, e anche quest’anno, puntuale come il classico orologio svizzero, è tra le nostre mani il rapporto dell’Osservatorio Ristorazione scritto dall’agenzia Ristoratore Top. Ormai è diventato un appuntamento consueto delle settimane a cavallo di Pasqua, e noi ci adeguiamo senza problemi, trattandosi di analisi che non mancano mai di evidenziare realtà interessanti, e talora scomode. Per esempio, che cosa desumiamo dal rapporto 2025, che prende in esame l’andamento della ristorazione del 2024? La faccenda più dirompente è questa: i fatturati crescono, ma le imprese diminuiscono.
Ristoratore Top, come sempre, ha ricuperato e aggregato i dati di Movimprese e della Federazione Pubblici Esercizi, incrociandoli con rilevazioni interne sulle variazioni di prezzo. L’operazione ha per l’appunto svelato questa apparentemente paradossale realtà: nel 2024 le imprese di ristorazione registrate alle Camere di Commercio sono diminuite per il quarto anno consecutivo, nello specifico dell’1,26% sul 2023. Le attività effettivamente funzionanti, e non semplicemente registrate, che hanno chiuso i battenti sono 4038. È vero: nell’ultimo decennio sono state registrate 10719 nuove imprese. Ma come la mettiamo con quelle che hanno alzato bandiera bianca? Sono quasi il triplo: 29019.
D’altro canto, come si diceva, il dato dei fatturati, in pratica delle spese dei clienti, è sproporzionatamente alto se raffrontato a una simile ecatombe. Sembrerebbe accertato, secondo l’Osservatorio, che in Italia nel 2024 si sono spesi 96 miliardi di euro per mangiare fuori casa. Una cifra iperbolica, la più alta mai vista dall’epoca della pandemia del 2020. E come si può spiegare una simile discrasia, una tale diversità? Se si spende tanto per cenare al ristorante, come mai i locali chiudono? Nella nostra mente si fa strada un folletto impazzito, che ci sussurra qualcosa: i dati dei consumi sono artificiosamente gonfiati. Non perché non siano veri, ci mancherebbe. Semplicemente sono dopati da un’altra cosa che è aumentata in modo incontrollato: i prezzi. Alla chetichella, spinti dal rincaro generale dei beni di consumo, i ristoratori hanno ritoccato le quotazioni dei loro menù. Rispetto al 2023, si parla di un ricarico del 6% in più, e il dato, assommato a quello degli anni precedenti, sventaglia un incredibile +19% in cinque anni (dal 2020).
Il mondo è impazzito, verrebbe da dire. E non vuole in alcun modo minimizzare Lorenzo Ferrari, l’amministratore delegato di Ristoratore Top nonché presidente dell’Osservatorio: “Per quanto possa sembrare incoraggiante il dato pubblicato sui 96 miliardi spesi dagli italiani per mangiare fuori casa, se accostato alle 29.019 cessazioni a fronte di appena 10.719 nuove aperture nel decennio, è indicativo esattamente del contrario: la ristorazione italiana sta attraversando una crisi strutturale caratterizzata da forte sfiducia da parte degli imprenditori”. Ferrari giunge alla stessa conclusione a cui siamo arrivati noi: “Questi dati ci raccontano che mangiare al ristorante sta diventando sempre più un lusso per la maggior parte degli italiani e non passerà molto tempo prima che cambino frequenza e abitudini di consumo anche per la fetta di utenza altospendente che sta tenendo in piedi il settore”. Tradotto: già abbiamo perso la classe media, quella che riempiva i ristoranti di livello medio. Se pure i ricchi inizieranno a pensare che il gioco non valga la candela e resteranno di più a casa, l’intero settore finirà a carte quarantotto.
Ferrari conclude dicendo quello che si dice sempre: “Stanno sopravvivendo o addirittura fiorendo quelle attività che hanno saputo intercettare e interpretare i bisogni dei clienti, sempre più orientati a vivere un’esperienza, le rivoluzioni tecnologiche e lo snellimento dei modelli di business”. Giusto. Ma alla fine, si tratta di una conclusione buona per tutti gli usi. Sappiamo bene che in questo settore ogni luogo fa storia a sé: ci sono ristoranti ‘perfetti’, ben organizzati e ben comunicati, che spariscono, e altri, a cui non daresti una lira, che prosperano. Certo la verità è questa: sempre meno gente può spendere, e anche chi spende lo fa meno volentieri.