Quest’anno, sette ristoranti su dieci faranno uso di ChatGPT e altri strumenti del genere: è la previsione dell’Osservatorio Ristorazione. La IA può creare immagini, scrivere testi accattivanti, e perfino generare ricette: ci abbiamo provato pure noi.

 

di Tommaso Farina

 

Intelligenza artificiale anche al ristorante? Parrebbe di sì. Lo scorso ottobre, proprio su queste pagine, ci inoltravamo in un dibattito sul semplice menù digitalizzato, da offrirsi su tablet o semplicemente da scaricarsi tramite il famigerato QRCode. Ebbene: simile discussione, alla luce di quanto sta emergendo, rischia di risultare addirittura obsoleta, pur essendo vecchia solo di pochi mesi. Sembra infatti che, nel corso di questo 2024, sette ristoranti su dieci impiegheranno o potenzieranno l’utilizzo di intelligenza artificiale, tra chatbot e strumenti generativi di foto e video, per proporre contenuti sempre più calibrati sul gusto dei clienti.
I numeri non sono una sparata gratuita o sensazionalistica. Vengono da una ricerca molto particolareggiata, intitolata “Tecnologia in Ristorazione – Scenari e Opportunità”. A stilare l’approfondimento è stato il sempre attento Osservatorio Ristorazione, che in questo caso ha esaminato il rapporto dei ristoratori con le più recenti innovazioni tecnologiche. Nella fattispecie, la materia del contendere è l’ormai notissima AI, acronimo che sta per Artificial Intelligence: intelligenza artificiale. Su di essa, si è scritto molto. Pare quasi che questa intelligenza artificiale generativa, in grado di creare pagine di testo partendo da semplici stringhe di poche parole, non renderà inutili solo i giornalisti, come stabiliscono certi guru: lo strillo di una pubblicità su internet proclamava “Con questo strumento a intelligenza artificiale, licenzierai il tuo fotografo!”. Immaginiamo la felicità dei professionisti del grandangolo al riguardo… Il fatto è che i cervelli elettronici, a comando, possono creare anche immagini, non solo astratte ma, volendo, di impostazione fotorealistica.

 

Come può servire a un ristoratore questa intelligenza artificiale? Per esempio, a creare fotoritocchi carini di immagini della sua sala, se non sa usare Photoshop o strumenti simili: vuoi mettere una foto con un tramonto di intensità africane che squarcia i vetri della finestra? O una bella notte stellata (in tutti i sensi)? Tutta roba che sul sito web del locale fa senza dubbio un figurone. Oppure, per scrivere presentazioni accattivanti del menù, di quelle che si mettono nella prima pagina: non tutti gli chef hanno dimestichezza con la penna, e in tal caso un aiutino da parte di ChatGPT (il client di IA più famoso, probabilmente) può quantomeno dare qualche idea, se non proprio un’introduzione già pronta così.

 

Ma poi, c’è un impiego più intrigante, e potenzialmente dirompente, anche da un lato positivo: la creazione di nuove ricette. Ci ho provato io stesso. Sono andato su ChatGPT, e gli ho chiesto “Crea una ricetta per un primo piatto a base di maccheroni, fave, guanciale, ricci di mare, vino rosso, cacao, spezie orientali, lemongrass”. “Non ce la farà mai”, mi sono detto. Ero destinato a un brusco risveglio. ChatGPT mi ha sciorinato dapprima una lista degli ingredienti, mettendoci anche del suo: le generiche “spezie orientali” da me richieste sono state declinate concretamente nella forma di cumino, coriandolo, curcuma e zenzero fresco grattugiato. Nella preparazione, ChatGPT richiede anche olio, cipolla, aglio, limone e prezzemolo per guarnire. E la ricetta così creata, articolata in dieci passaggi, da un punto di vista logico ha la sua plausibilità. Certo, magari assaggiando ci si accorge che coriandolo, vino, cacao e guanciale fanno un inguacchio immangiabile, ma come credete nascano le ricette dei cuochi? Provando e riprovando, cestinando le idee balorde e trattenendo quelle buone. Forse un simile ausilio tecnico, magari non troppo romantico, potrebbe aiutare a indirizzare l’ispirazione ai fornelli. Sempre comunque cum grano salis, perché altrimenti si arriverebbe al robot, e il robot non ha papille gustative.