I ristoratori prestigiosi di Ingruppo, tutti sulla guida Michelin, ripropongono il loro menù a prezzo calmierato: un’iniziativa culturale particolarmente ghiotta, che consente anche ai giovani di avvicinarsi senza pensieri alla grande cucina.

 

di Tommaso Farina

 

Cucina d’alto livello a prezzi calmierati: sembra il manifesto di un ipotetico Partito Socialista della Gastronomia, qualcosa di utopico e di illuminato. E invece, è il manifesto di Ingruppo. Il sodalizio dei ristoratori bergamaschi è tornato. E in un momento cruciale per la ristorazione si prende il lusso di dare un messaggio oltremodo positivo e vitale.

 

Mentre tanti, troppi colleghi sono alle prese coi problemi dati dagli incredibili rincari dell’energia elettrica, 19 ristoranti, di cui otto stellati (per quello che può valere), vanno controcorrente: alta cucina a prezzi accessibili. Da questo febbraio fino al prossimo 30 aprile, la carta delle vivande di questi locali lombardi si arricchirà di un menù a parte, dal prezzo di 75 euro: quattro portate, dall’antipasto al dolce, vino compreso. I ristoranti sono tutti della provincia di Bergamo, con l’eccezione del Pomiroeu di Giancarlo Morelli a Seregno (Monza e Brianza) e del Cantinone a Madesimo (Sondrio). Gli altri sono tutti rappresentativi di una zona che nel 2020 ha affrontato una sfida tutta particolare: quella della prima ondata di Covid, delle vittime, della tragedia umana ed economica di un intero territorio. Già all’epoca avevamo sottolineato la tempra particolare della ristorazione bergamasca, che aveva provato a reagire a testa alta e petto in fuori a una situazione che avrebbe messo in difficoltà anche le volontà più granitiche: oggi, in un momento tutt’altro che facile per il mondo gastronomico, questa unione di ristoratori dà un messaggio ancora più dirompente.

 

Da nove anni, l’intendimento supremo del sodalizio dei ristoranti di Ingruppo è, per usare le loro stesse parole, “valorizzare il moderno ristorante, per avvicinare anche la clientela più sfuggente e intimorita alle delizie dell’alta cucina, facendole scoprire l’eccellenza a tavola ed educandola a pasti sublimi”. Uno scopo quasi culturale, potremmo dire. E lucidamente perseguito da quasi un decennio. Funziona sempre così: si prenota in un ristorante aderente e si chiede espressamente di gustare il menù Ingruppo. L’anno scorso l’iniziativa era stata rimandata, ma oggi, 2022, è ritornata. E si può mangiare alla grande in interessantissimi ristoranti per 75 euro, senza trucchi e nemmeno inganni. Unico outsider è Da Vittorio, a Brusaporto (Bergamo). Il locale dei fratelli Cerea, come tutti sanno, è fuoriclasse e fuoriserie con le sue tre stelle Michelin: il menù speciale che propone costa 180 euro. La proposta? I celebri ‘stuzzicappetito’ di Chicco Cerea, poi la tartare di ricciola, quinoa, rabarbaro e puntarelle, il nasello, ricotta in salvietta, crema di nocciola e tartufo nero, il risotto con crema di fagioli borlotti e baccalà mantecato, il branzino alla mediterranea in giallo, un predessert e, per finire, la ‘kermesse di dolci’. Il tutto, con acqua e vino abbinato, disponibile lunedì, martedì e giovedì a pranzo.

 

Tutti gli altri locali, il cui elenco è disponibile su www.ingruppo.bg.it, hanno invece il prezzo fisso a 75 euro. Anche nel loro caso, si può leggere il menù, nonché il giorno della settimana in cui è possibile ordinarlo. Tutto questo durerà fino al 30 aprile, con l’esclusione del weekend di San Valentino e del giorno di Pasqua. Beh, non c’è male: se questa iniziativa perdura ormai da nove anni, vuol dire che il suo bel successo ce l’ha. Una democratizzazione della cucina d’élite? Massì, perché no. La cucina è cultura, e la cultura è un bene, un diritto inalienabile.