Secondo alcuni dati di Circana, nel 2023 i consumi fuori casa sono aumentati. L’impatto dell’inflazione desta qualche preoccupazione. Ma i clienti si dimostrano fedeli ai locali che hanno a cuore la sostenibilità. Gli chef stellati lo sanno bene…

 

di Elisa Tonussi

 

Avete provato a riservare un tavolo al ristorante di recente? Trovare spazio nel fine settimana, se non si prenota per tempo, è quasi impossibile. In epoca Covid, si paventava la possibilità che gli italiani avrebbero rinunciato con maggiore frequenza all’esperienza di una cena fuori, abituati ormai al fai da te casalingo. Così non è stato. Per fortuna, aggiungo io. E per la fortuna dei ristoratori, che, anzi, martoriati da mesi di lockdown, stanno ora vivendo una nuova primavera. I numeri parlano chiaro: il mercato dei consumi fuori casa nel 2023 ha chiuso in positivo sia in termini di presenze, sia di spesa complessiva. I dati sono dell’indagine Crest di Circana, che monitora i consumi fuori casa, e indicano per il 2023 una crescita in spesa del 10,1% e in traffico del 4,4% rispetto all’anno precedente. La spesa è chiaramente trainata dall’aumento dei prezzi. E l’impatto dell’inflazione sul potere di acquisto dei consumatori resta senza dubbio una preoccupazione per i mesi a venire.

 

Come tenersi stretti i clienti e invogliarli a tornare al ristorante, dunque? Semplice: fidelizzandoli, prestando attenzione anche agli aspetti valoriali della proposta ristorativa. Ne danno conferma i dati di Circana: il 51% degli intervistati dichiara di essere più fedele ai ristoranti che hanno a cuore la sostenibilità. E il dato sale significativamente tra coloro che frequentano spesso bar e ristoranti: 67%.

 

Il tema della sostenibilità non è certamente nuovo per il settore della ristorazione, che da anni si interroga su come migliorare il proprio impatto ambientale. Anzi, taluni locali, specialmente nell’ospitalità stellata, si sono fatti campioni della sostenibilità, mettendola al centro della propria filosofia di cucina. Gli esempi non mancano. E infatti qualcuno è stato anche premiato con la Stella Verde Michelin. Chiara Pavan e Francesco Brutto, chef del Venissa di Venezia, hanno reso protagoniste del proprio menù le specie invasive della Laguna. Mentre la famiglia Vanini, nel suo agriturismo La Fiorida di Mantello, in Valtellina, che comprende anche il ristorante stellato La Présef, ha creato un perfetto esempio di economia circolare, che include un allevamento moderno e meccanizzato, una caldaia a biomasse, un caseificio e un macello, oltre alla cucina, ovviamente. O, ancora, i ragazzi della Contrada Bricconi, nella bergamasca, hanno realizzato un’azienda agricola con ristorante (ora stellato) per dare nuova vita ai territori di montagna.

 

Di sostenibilità abbiamo parlato anche con gli chef che abbiamo coinvolto in una breve inchiesta sulla carne coltivata e gli ingredienti del futuro, che potete leggere nel numero in uscita oggi. Che cosa ci hanno rivelato? “Sono anni che tengo in considerazione l’impatto ambientale della mia cucina”, spiega Giuseppe Biuso, del ristorante Vite, a Coriano (Rn). “Quando creo un menù scelgo carni da allevamenti estensivi, prediligo prodotti a chilometro zero e i vegetali provengono dell’orto del ristorante”. Il suo ingrediente del futuro, però, non proviene dalla terra: sono le alghe, “che, non solo danno mineralità ai piatti, ma fanno anche bene alla salute. E hanno pure impatto zero, anzi catturano la CO2!”. Matteo Vergine, invece, chef del ristorante Grow di Albiate (Mb), ritiene che operare una scelta di sostenibilità significhi utilizzare materie prime come specie invasive, quinto quarto o selvaggina, nella misura utile a mantenere l’equilibrio necessario in natura. Mentre Cristina Bowerman, chef del Glass Hostaria di Roma, ne è certa: occorre tornare a fare riferimento al modello della dieta mediterranea, selezionando con cura i fornitori e adottando qualche accorgimento sulla scelta dei materiali delle confezioni e degli oggetti in uso in cucina.  Il suo ingrediente del futuro, ça va sans dire, sono i legumi. “Sono buoni, anzi, buonissimi”, afferma la cuoca del Glass Hostaria. “Rappresentano una risorsa inestimabile. E sono pure ingredienti rigenerativi per il suolo, possono cioè fissare grandi quantità di azoto nel terreno, rafforzandone la fertilità”.

 

Sostenibilità, però, non significa solo proporre un menù ‘green’. Anzi. Per prima cosa, come rivela Circana, il consumatore vede nella doggy bag un modo concreto di agire in maniera sostenibile. L’88% degli intervistati ne farebbe uso se ne avesse la possibilità e metà di questi dichiara che prenderebbe la doggy bag sempre. Proprio lo ‘scartozzello’ è stato oggetto di una proposta di legge che obbligherebbe i ristoratori a offrire ai clienti la possibilità di portare a casa gli avanzi. Ne abbiamo parlato anche nello scorso numero della nostra rivista.

 

Insomma, il ristorante del futuro dovrà saper prendersi cura non solo del cliente. Ma anche dell’ambiente. Facile, no?