Dagli eventi luxury a un progetto di elicicoltura. Per fare della chiocciola un prodotto di tendenza. A tu per tu con Martino Crespi.

 

Di Elisa Tonussi

 

Figlio di un veterinario di campagna, con un trascorso nel settore musicale e delle fiere, Martino Crespi è un uomo poliedrico. Organizzatore di eventi nel mondo del lusso, si è prestato, nell’ultimo anno, all’elicicoltura. Con quattro amici, ha aperto 1,618 – Lumachificio aureo. E punta “a portare la chiocciola dove non è mai arrivata: nel mondo del lusso”, per usare parole sue. E a fare della lumaca un prodotto accattivante, anche per i più giovani. Per raggiungere il suo obiettivo, lancia il guanto di sfida agli chef. Per i quali ha studiato con Silvio Battistoni un metodo di precottura della chiocciola “inusuale”.

 

Chi è Martino Crespi?

Faccio fatica a definirmi. Tendenzialmente dico che sono organizzatore di eventi nel mondo del lusso. Ma quello che sono oggi è in realtà il risultato delle tante esperienze diverse che ho vissuto nella vita: dalla musica alle fiere, dai progetti di Condé Nast fino al mondo del lusso. Che non ho alcuna intenzione di lasciare. Neppure con la pandemia. Semplicemente ho scelto di non piangermi addosso. E di reinventarmi. Mi sono messo ad allevare lumache con quattro amici. Mettendoci, ancora una volta, tutte le competenze che ho acquisito nella vita. Anche un allevamento di lumache infatti può essere proposto in una maniera del tutto nuova.

 

Perché le lumache?

È per ‘colpa’ di un amico. Da anni mi parlava di volersi buttare nel mondo agricolo e cercava di coinvolgermi. Sistematicamente rifiutavo di seguirlo. Ma ha talmente insistito che, quando ha trovato un allevamento di lumache in vendita nella nostra zona, nei pressi di Legnano (Mi), ho ceduto! Abbiamo coinvolto anche la mia compagna, cantante lirica, il mio direttore della produzione, che mi segue da sempre nella realizzazione degli eventi, e un quarto amico, dirigente in un’azienda di energie rinnovabili. Abbiamo rilevato l’allevamento. E lo abbiamo chiamato 1,618 – Lumachificio aureo. Accadeva poco più di un anno fa, allo scoppio della pandemia. Tre di noi, me incluso, si sono trovati con tanto tempo libero a disposizione, dunque ci siamo gettati a capofitto nel progetto.

 

E com’è andata?

Oggi, dopo un anno vissuto in campagna, sto bene, fisicamente e mentalmente. E sono pure abbronzato! Vivo la prossima riapertura con grande serenità, consapevole dei miei progetti.

 

Mi tolga una curiosità, come mai il nome 1,618 – Lumachificio aureo?

Nel mondo dell’elicicoltura, la lumaca è sempre associata al concetto di bio. Io, invece, voglio posizionare la chiocciola nel lusso, renderla accattivante. Così, i miei soci e io abbiamo deciso di fare riferimento alla sezione aurea. Buona parte di ciò che è realizzato dall’uomo rispetta tali proporzioni, dalle piramidi ai templi greci fino alla Gioconda. In natura, questo stesso schema è riconducibile alla spirale del guscio delle chiocciole. Che il matematico toscano Fibonacci ha studiato per tradurlo in cifre: la sequenza di Fibonacci, in cui ciascun numero è la somma dei due che lo precedono. Qualsiasi numero della sequenza, diviso per il numero che lo precede, dà sempre come risultato 1,618, il numero divino, che rappresenta, appunto, la sezione aurea dell’universo. Abbiamo così chiamato l’allevamento ‘1,618 – Lumachificio aureo’.

 

Come viene percepita a lumaca dagli italiani?

La lumaca, oggi, la si trova nelle sagre di paese e nelle trattorie, oppure sulle tavole dei grandi stellati. Due estremi dunque. Ma è un ingrediente che fa parte della nostra storia ed è diffuso in numerose tradizioni culinarie regionali. Quello che io voglio fare è portare la lumaca ovunque: farla diventare di tendenza e renderla un ingrediente di cui possano fruire anche i giovani in diverse modalità. Per questo ho coinvolto lo chef Marcello Trentini che, per l’aperitivo di Casa Mago, lounge bar torinese, ha studiato un Bao di raclette di chiocciole. Mentre lo chef Wicky Pryan sta già vendendo, tramite il delivery, un Maki lumaca. E poi c’è il progetto dei 12…

 

Di cosa si tratta?

Ho deciso di coinvolgere nel progetto 12 amici chef: ciascuno sta studiando una ricetta, per me in esclusiva, che sarà in vendita in vasetti da 280 grammi nelle migliori gastronomie. Punto a Peck e alla Rinascente. Ciascun vasetto recherà un numero della sequenza di Fibonacci, così, allineandoli sullo scaffale, si potrà leggere la sequenza intera. Potenzialmente il numero di prodotti è infinito. E infatti ai 12 se ne aggiungeranno presto molti altri.

 

E per gli chef?

Per la ristorazione offriamo sia lumache vive, sia precotte. Il prodotto vivo, che abbiamo nominato De Divina Natura, è fornito già spurgato. Le chiocciole devono poi essere lavate, sbavate, sciacquate, salate e dunque bollite, prima di venire sgusciate e cucinate. Il procedimento è lungo e laborioso, dunque le proponiamo anche in latte di metallo, conservate in salamoia, già sgusciate, pulite e precotte. Il prodotto si chiama de Divina Portione ed è il risultato della collaborazione con lo chef Silvio Battistoni, che ha studiato con Alain Ducasse e ha condiviso con noi la sua conoscenza. Ne è risultato un procedimento inusuale, che consiste nella bollitura della lumaca per una decina di minuti – un tempo considerevolmente più breve rispetto alla canonica ora e mezza – in un brodo vegetale ricco di profumi, anziché in acqua e sale. Grazie al metodo di Battistoni, le nostre lumache conservano tutto il loro sapore, che dipende da ciò di cui si nutrono. E mantengono una consistenza croccante. Con i miei prodotti, insomma, lancio una sfida a tutta l’alta ristorazione italiana: far diventare la lumaca, che è parte della storia del nostro paese, un prodotto di tendenza.