di Tommaso Farina

 

In nome del Maestro, l’Italia avrà i suoi maestri. Pare che, finalmente, lo Stato riconoscerà in maniera inequivocabile la dignità culturale, professionale e artistica di chi lavora nella cucina, dando risalto alla tradizione e alla creatività made in Italy anche ai fornelli. E lo farà in nome di Iginio Massari, il decano dei pasticceri.

 

Vogliamo proprio vedere se anche questa volta i giornaloni salaci avranno da ridire sul bistrattato ministro Francesco Lollobrigida, uno che non teme di scivolare perché non teme mai di esporsi. Stavolta, il titolare del dicastero delle Politiche Agricole sta ben saldo sui suoi piedi, ed è ben difficile contestargli qualcosa, a torto o a ragione che sia: è promotore di un disegno di legge che istituisce la figura di Maestro dell’Arte della Cucina Italiana. In pratica, un riconoscimento di chi riuscirà a eccellere nelle professioni di cuoco, di pasticcere e di artigiano del cibo, con tanto di medaglie.

 

Vi sembra una sciocchezza? A noi no. E neanche a voi lettori, se ben ricordiamo. In molti, in questi anni, ci avete detto: “Ma perché l’Italia non fa come la Francia?”. Facevate notare che Oltralpe i cuochi vengono insigniti della Legione d’Onore, e nella vita pubblica hanno lo stesso rilievo dei politici, dei musicisti, dei presentatori televisivi, se non di più. Ecco: ora sembra proprio che l’Italia si sia decisa a pagare la giusta mercede a queste persone, che alimentano in maniera diretta e indiretta non solo la cultura, ma la stessa consistenza del made in Italy nel mondo. Nell’immaginario del mai troppo lodato uomo comune, l’Italia è da sempre l’avversaria della Francia in campo culinario ed enologico: Bordeaux contro Barolo, burro contro olio, crêpe contro pizza. E sempre l’Italia si è lagnata. Il ritornello sempiterno e immutabile è quello ben noto: “I francesi sanno vendersi meglio”. Divertente e anche vero, senonché il vendersi non è tutto: in Francia non hanno bisogno di abbellire qualcosa di scarso con retorica, anzi marketing, per farlo apparire più allettante di quanto non sia. È tutto l’opposto: hanno delle eccellenze, altro termine stra-abusato ma non sapremmo quale usare al suo posto, e non si vergognano di sfoggiarle, promozionarle, squadernarle di fronte all’universo. Avremmo potuto pensarci anche noi. Ecco, ora abbiamo una grossa occasione, seppure con un secolo abbondante di ritardo. Le medaglie di Maestro dell’Arte della Cucina Italiana verranno conferite dallo Stato italiano, che dunque riconoscerà a cucinieri, pasticceri e creatori di cose buone la dignità di illustri simboli dell’italianità, della nazione.

 

Non stupisce dunque che Lollobrigida abbia voluto dare a questo ddl il nome di chi più d’ogni altro si è battuto per il riconoscimento di certe professionalità: legge Massari. Iginio Massari ce l’avete presente? Sì, è quello della televisione. Ma lui è arrivato in televisione perché stava a imbiancarsi le mani di farina da decenni. E assieme a Lollobrigida è stato il vero padrino di questa proposta, come ha detto lui stesso al Sigep di Rimini: “Questa legge ci equipara ad altre Nazioni, partendo oggi dal cibo, ma con l’auspicio che possa allargarsi man mano a tanti altri mestieri d’eccellenza”. E proprio a Massari verrà offerta la guida della commissione preposta a insignire della medaglia i più meritevoli. Qualche mugugno sui costi? Lollobrigida mette le mani avanti, anticipandoli: allo Stato costerà soltanto il conio annuale delle medaglie. Una cosa, semmai, ci sentiamo di rimproverare a Lollobrigida: non è vero che “La Francia non ha olio extravergine d’oliva”, come ha detto a Eleonora Cozzella de Il Gusto (La Repubblica). Non si faccia sentire a dire una cosa simile in Provenza… Ecco ministro, per enfatizzare le nostre eccellenze non è necessario sminuire quelle altrui. Cominciamo anzitutto a parlar bene delle nostre. Il riconoscimento di Maestro è un buon punto di partenza.