Per ovviare alla cronica mancanza di personale, un ristorante di Sorrento affianca agli umani due portapiatti robotizzati che si muovono da soli. Serviranno come aiuto per sparecchiare i tavoli. Sono costati 18mila euro l’uno.
di Tommaso Farina
“Si servano, prego”. La cinematografia degli anni Ottanta, pur nella relativa povertà degli effetti speciali, ci era già arrivata. Nel film Corto Circuito del 1986, una commedia incentrata su un robot bellico che prende vita generando divertenti situazioni, la Nova Robotics, azienda cibernetica, all’aperitivo di un evento fa servire da bere e da mangiare ad alcuni automi: macchinari che recano vassoi con tartine, crostini, calici di cocktail, e invitano gli ospiti a servirsi con una voce femminile con cadenza metallica e robotizzata. Potevamo citare la saga di Terminator, ma a conti fatti sono i robottini servizievoli del film diretto da John Badham la cosa che viene in mente, quando si legge che a Sorrento c’è chi ha voluto affiancare al personale di sala delle macchine.
Luigi De Maio e Mario Parlato, rispettivamente patron e gestore del ristorante del Circolo dei Forestieri, situato in una magnifica posizione che domina il golfo sorrentino, hanno comunicato che arruoleranno due automi accanto ai loro camerieri. Non si tratta dei porta-tartine di Corto Circuito, con tanto di volto antropomorfo: i due Bob (questo il loro nome) somigliano piuttosto a piattaforme semoventi, quasi come quegli aggeggi che tagliano l’erba da soli, ma con elementi modulari a ripiani sovrapposti a mo’ di vassoi, e con un monitor in cima. De Maio li aveva già sperimentati la scorsa estate. È del tutto evidente, anche solo a guardarli, che macchinari del genere non sostituiscono i commis di sala: non avendo braccia, non potrebbero neanche porgere i piatti ai clienti, sempre ammesso che la cosa sia già teoricamente possibile. “Per ora si limitano ad aiutare nelle operazioni di sbarazzo una volta che gli avventori hanno concluso il pasto. Un contributo importante, se si considera che la cucina dista anche fino a 100-120 metri da alcuni dei tavoli più esterni. Grazie ai robot, i miei collaboratori evitano lunghe scarpinate avanti e indietro”: così ha spiegato Gianfranco Parlato. In effetti, posando i piatti vuoti sui ripiani dei Bob, si può evitare di riportarli a mano in cucina.
Costo dell’operazione? Circa 18mila euro a robot. Parecchio meno, occorre dirlo, di quello che il medesimo ristoratore spenderebbe per assumere regolarmente due collaboratori, senza contare che una volta versato l’assegno ci sono solo le spese di energia elettrica per la ricarica, ed eventuali costi di manutenzione in caso di guasto: il robot non chiede di essere pagato, quando l’hai comprato resta lì, per sempre. Parlato, per fugare ogni dubbio, assicura: “Mai un robot potrà sostituire un lavoratore in carne e ossa, dotato di garbo, gentilezza e sorriso”. Ciò non ha impedito ai giornali di inseguire il click, e di fare titoli tipo “Camerieri addio?”, dando peraltro al ristorante una rispettabile pubblicità. Ed è per questo che ho citato Corto Circuito invece che Terminator: in quest’ultimo, un futuro distopico vede macchine cibernetiche sempre più perfezionate affinare la propria intelligenza artificiale e assumere una volontà propria, al punto da prendere il sopravvento e costringere gli umani a difendersi. Ecco, sicuramente dei vassoi ambulanti non imbracceranno mai il mitra.
In ogni caso, il motivo dell’impiego dei due marchingegni è ben noto: il personale non si trova. De Maio e Parlato hanno proposti stipendi da 1500 euro, ma i colloqui sono andati deserti. Ci risiamo.