Tecnologia utile o preludio inquietante di una progressiva disumanizzazione del lavoro? Se ne è parlato durante Futura 2025, il congresso annuale dell’Associazione Ambasciatori del Gusto, che si è svolto dal 10 al 12 marzo a Milano.

 

di Elisa Tonussi

 

È inutile negarlo: anche il settore della ristorazione deve confrontarsi con l’avvento dell’intelligenza artificiale. Questa tecnologia è infatti pervasiva ormai nella nostra quotidianità, anche se spesso non ne abbiamo consapevolezza – avete presente Alexa o Siri?. E ogni comparto produttivo deve fare i conti con le opportunità che offre, ma anche con le conseguenze che potrebbe comportare. Tanti, però, non ne sanno quasi nulla, anche tra i professionisti della ristorazione. Il settore, infatti, per sua stessa natura, non può prescindere dall’attività artigiana del cuoco, dalle abilità relazionali del cameriere o dalle sensazioni olfattive, gustative, e pure visive, di un piatto. Sembra dunque essere meno interessato dal progresso tecnologico. Eppure così non è. Per questo motivo proprio l’IA è stata al centro della terza edizione di Futura, l’evento annuale dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, che si è svolta a Milano dal 10 al 12 marzo. È stata inoltre oggetto di dibattito nel corso del convegno della prima giornata dal titolo Tecnologia e intelligenza artificiale: tra suggestione e realtà.

 

Numerosi i relatori presenti, tra cui Umberto Callegari, Ceo di Terre d’Oltrepò ed esperto di trasformazione digitale ed ex chief digital officer di Microsoft per l’Europa occidentale, il docente universitario Davide Cassi e lo chef Christian Mandura, oltre ai numerosi Ambasciatori del Gusto, tra cui Andrea Berton, Andrea Aprea e Alberto Gipponi. Hanno condiviso la propria esperienza e il proprio rapporto con la tecnologia, illustrando alcune delle potenziali applicazioni dell’intelligenza artificiale per cuochi e ristoratori.

 

Christian Mandura, chef torinese che da poco ha lasciato lo stellato Unforgettable, è intervenuto tra i primi, raccontando la propria collaborazione con Reply, società torinese di consulenza informatica e servizi digitali. Da due anni stanno sviluppando un innovativo progetto di ‘gastronomia generativa’, hanno cioè creato un software basato su IA, a cui hanno sottoposto tutto lo scibile in tema gastronomico con l’obiettivo di arrivare a creare ricette su misura per ogni individuo. Le applicazioni del software sarebbero molto interessanti, specialmente nei settori della ristorazione collettiva e commerciale.

 

Andrea Berton, Davide Cassi e Andrea Aprea

Mandura ha anche coinvolto sul palco due giovani programmatori romagnoli che hanno sviluppato un assistente virtuale in grado di conversare telefonicamente per registrare le prenotazioni di un ristorante. Anche Andrea Berton, patron dell’omonimo ristorante milanese, si è soffermato sui vantaggi dell’IA come supporto per la gestione di tutti gli aspetti organizzativi e amministrativi di un ristorante. Ha inoltre sottolineato come l’avanzare della tecnologia abbia un senso, quando utilizzata per migliorare quanto già esiste.

 

Ma le opportunità dell’IA non riguardano il solo ambito gestionale. Lo chef friulano, insieme al collega Andrea Aprea, ha convenuto sulle opportunità che presenta perfino a livello creativo, come risorsa per la sperimentazione. Se è vero infatti che nessuno chef ha mai osato proporre un piatto totalmente concepito con intelligenza artificiale (nemmeno Rasmus Munk, lo chef danese tra i più innovativi di oggi, che al suo Alchemist la sfrutta per la creazione dei video e degli effetti speciali del locale!), è altrettanto vero che può essere una valida alleata per cercare nuovi spunti e idee da sviluppare. Alberto Gipponi, comunque, ha sottolineato come i suggerimenti creativi dell’intelligenza artificiale siano spesso prevedibili. E ha espresso una perplessità: se l’eccessivo utilizzo di questa tecnologia ci rendesse più pigri?

 

Che cosa non può fare dunque l’IA? La risposta appare evidente: assaggiare ed empatizzare. Non può, cioè, replicare una caratteristica che è propria solo dell’uomo: quella di poter sentire. Eppure le opportunità sono tangibili e gli ambiti di applicazione ampi e vari, tanto che può sostituirsi all’uomo in quasi tutti i processi che concorrono alla preparazione di un piatto e alla gestione di un locale, consentendo al ristoratore di risparmiare tempo e denaro. Per questo motivo si apre un decisivo dilemma etico, su cui ci ha portati a riflettere Umberto Callegari in apertura del convegno: dove sta il limite di applicazione della tecnologia e dell’intelligenza artificiale? In uno scenario, i cui risvolti più inquietanti potrebbero perfino essere quelli raccontati nel film Blade Runner, che vede protagonisti replicanti ribelli e un’androide in grado di provare sentimenti, è chiaro che è l’uomo a essere artefice del proprio destino. L’intelligenza artificiale, infatti, altro non è che uno dei tanti strumenti nelle mani dell’essere umano. A cui, ancora una volta, spetta la decisione su come utilizzarlo.

 

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