Abbiamo provato il cheeseburger con la polvere degli ortotteri: è un buon hamburger vegetariano con un pizzico di insetti macinati dentro. Giusto una spolverata. Che ha attirato clienti come nel Paese dei Balocchi.

 

Tommaso Farina

 

Signore e signori, ho assaggiato l’hamburger di grilli, e non sono morto. E come me, le moltissime persone che l’hanno provato. Riallacciamo i nodi. Poche settimane fa, i blog gastronomici hanno lanciato la bomba: in una hamburgheria gourmet, tra l’altro dalla fama in ascesa, servono l’hamburger di grilli. La faccenda degli insetti commestibili, peraltro da alcuni presentati quasi come panacea al problema della fame nel mondo, da un po’ di tempo tiene banco. Se da un lato ci sono i complottisti, quelli che “Aiuto, vogliono costringerci a mangiare gli insetti”, dall’altro ci sono quelli che fanno notare come anche i gamberetti siano invertebrati che gustiamo volentieri, e anzi non arricciamo il naso al cospetto di un gambero viola di Mazara.

 

Ma torniamo al dunque. Le fotografie dell’hamburger di grillo sono state abbondantemente instagrammate, e la notizia è finita su tutti i giornali. Proviamo a guardarle: il panino è opulento, e soprattutto è verde. Sarà mica perché ci sono i grilli dentro? Neanche per sogno: la farina di grillo, anche se sarebbe più corretto parlare di polvere, sta nella farcitura. Nella polpetta, non nel pane.

 

Non mi restava che provarlo. Quelli che lo propongono sono i ragazzi di Pane&Trita, un’hamburgheria gourmet all’americana che è diventata un piccolo caso. Dopo l’inizio alla chetichella a Seregno (Monza e Brianza), hanno avuto successo. E così, si sono moltiplicati, fino ad arrivare alla prova più complicata: un locale a Milano. E per giunta, nella modaiola via Muratori. Una simile espansione, oltretutto negli anni della pandemia, non è rimasta inosservata: persino Forbes ne ha parlato.

 

A Muggiò, poco lontano da casa mia, c’è appunto un Pane&Trita particolarmente comodo. Perché non provare? Vado sul presto, un martedì sera. Il posto è accogliente, l’atmosfera è da diner americano stile Happy Days, ma con ammicchi hipster vagamente colti. Nell’aria, musica country alternata a vecchie canzoni di Jannacci. La carta propone stuzzichini, drink e tutta una serie di hamburger. Il Grillo Cheeseburger, questo è il nome, non è sul menù generale: ha un biglietto illustrativo tutto suo. È uno sfizio destinato a pochi: se ne fanno 100 al giorno e non di più, almeno dicono. In un martedì, non è difficile ordinarlo. E difatti, dopo meno di dieci minuti arriva, corredato da una bella dose di patate fritte.

 

La prima cosa che si può dire, è che una volta tanto i volantini promozionali non mentono. Il panino è esattamente uguale a quello che appare nelle fotografie tanto pubblicizzate, senza alchimie grafiche di alcun genere. È grosso, debordante di farcitura, e si può mangiare con coltello e forchetta, anche se con le mani non è scomodo. Ma ora osserviamo quel che c’è dentro. C’è anzitutto il pane, definito “pane artigianale verde”. Un produttore d’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, che conosco e me ne ha parlato per aver fatto anche lui la prova, dice che a dargli quel colore è l’alga spirulina. In effetti, può darsi benissimo, ed è del tutto naturale. Dentro: “burger con polvere di grillo”, scamorza fusa, cavolo viola e “salsa Pane&Trita”, una salsa molto americana color rosa. All’assaggio, l’insieme è buono, armonico, goloso. “Dicono che c’è una tendenza dolciastra”, rivela uno dei giovani camerieri. E grazie! Il burger è fatto di patata schiacciata e fagioli cannellini. Con patata e legumi come ingredienti dominanti, vorremmo anche che non ci fosse la tendenza dolce? La polvere di grillo è una dose omeopatica: l’1,6% del tutto, e infatti nella lista degl’ingredienti (che comprende anche pane grattugiato, acqua, olio di girasole, lievito, estratto di malto d’orzo) è al penultimo posto, subito prima del sale. Per essere buono, è buono. È un burger come quelli che ci si aspetta da un burger bar gourmet che lavori bene. Il prezzo? 13,90 euro, in linea con gli altri panini proposti, che contenendo carne sono ovviamente più cari. In sintesi: ho mangiato, di fatto, un normale hamburger vegetariano. Buonissimo, per carità, anzi ghiotto: questi ragazzi ci sanno fare, e conviene provare anche gli hamburger tradizionali. Ma oltre a essere provetti paninari, i Pane&Trita boys si sono dimostrati strateghi social con pochi confronti: è bastata una dose minuscola, infinitesimale di polvere di grillo domestico commestibile a creare un battage pubblicitario senza precedenti e ad attirare clienti nuovi a frotte. Un marketing da dieci e lode.