Un ristoratore tedesco da tre stelle decide di imporre un acconto da 250 euro alla prenotazione. Motivo? “Nessuno più rispetta gli appuntamenti, neanche dall’avvocato e dal medico”. Ma chi l’ha detto? Davvero i clienti sono tutti truffaldini o furbastri?
di Tommaso Farina
Quella del ristoratore, si sa, spesso e volentieri è una vita dura. Ma com’è invece quella del cliente? Come notavo già tempo fa, pare essere in atto una piccola tendenza in parte (una parte non so quanto piccola) della ristorazione: una caccia al cliente. Basta leggere su Facebook: a commento di articoli sul settore, non mancano addetti che sputano senza pudore sugli avventori del loro locale, presentati, di volta in volta, come maleducati, ignoranti, furbastri, trogloditi, e chi più ne ha più ne metta. Naturalmente, quando gli ignoranti in questione strisciano la carta di credito, tutti amici come prima. Anziché a ristoratori, sembra di essere di fronte ad alcuni di quei lavoratori (non tutti, per carità, lo sappiamo bene) da sportello di ufficio pubblico, che stanno lì maledicendo se stessi e il giorno che sono venuti al mondo, e sfogano la frustrazione sui clienti in coda, che vengono fatalmente trasformati in semplici utenti, anzi seccature.
Ecco, pare che questi ristoratori che si sentono sempre in trincea, in guerra, sulla difensiva, facciano più notizia di quelli che coccolano il cliente e non si sentono in qualche modo buggerati. Per esempio, sul solito Reporter Gourmet, pochi giorni fa, è uscita una notizia: alcuni ristoranti prestigiosi del Lussemburgo hanno deciso di chiedere una caparra a chi prenota da loro. Non solo il numero della carta di credito, che è già seccante ma tutto sommato accettabile: proprio una somma. Nel 2022, vi avevamo parlato di un’idea del genere messa in pratica da un ristoratore fiorentino, peraltro in modo flessibile e sempre con un occhio al cliente. Oggi, in un altro Granducato, assistiamo al bistellato Michelin Ma Langue Sourit (bel nome, per inciso: ‘La mia lingua sorride’) che decide di chiedere un anticipo di 100 euro per ogni prenotazione online. Cyril Molard, il patron, sostiene che a causa dei fatali ‘no show’ il suo locale perdeva 30mila euro l’anno. Ma davvero? E di grazia, come ha fatto a stabilirlo con tanta precisione? Comunque, vera o no, la questione sembra incresciosa. Evidentemente, non solo in Italia ci sono quelli che si dimenticano, diciamo così, di disdire le prenotazioni. Ma sono così tanti? Sembra che ormai telefonino solo burloni, distratti o manigoldi. Come che sia, anche un altro illustre collega lussemburghese, Louis Linster del ristorante Léa Linster (il nome della madre, grandissima chef locale che gli ha trasmesso la passione) ha deciso di applicare il balzello, ancora più oneroso: 170 euro.
Ma almeno questi due cuochi ci risparmiano la sociologia da quattro soldi. Il Luxembourg Times, il giornale lussemburghese in inglese su cui Reporter Gourmet ha trovato la notizia, e che l’ha a sua volta ripresa da Luxemburger Wort, periodico locale in tedesco, decide di calare l’asso: sconfina in Germania, nella vicina Saarland, e arruola nientemeno che il mega tristellato Christian Bau, chef talentuoso ma non esattamente paradigma di modestia e profili bassi. Bene: dall’alto di non si sa bene cosa, Bau si traveste da Max Weber, indossa le vesti dell’analista sociale e pretende di dirci che il trend del momento è che “gli appuntamenti concordati – con un ortopedico, un avvocato, in un ristorante o con un altro fornitore di servizi – semplicemente non vengono rispettati”. Ma quando? Dove? Ha fatto un sondaggio? Forse farà così lui, o qualche suo parente chiacchierone. Come che sia, eccolo mettere in pratica le forche caudine, tra un piagnisteo e l’altro: 250 euro obbligatori al momento della prenotazione al suo Victor’s Fine Dining. Prenotazione, come sempre nel caso di locali appartenenti a personaggi dall’ego non proprio minimale, da attuarsi solo via internet. Soldi che, se la prenotazione viene cancellata meno di cinque giorni prima e il tavolo non può essere riempito, il cliente non rivedrà mai. Ecco, se riservate e, Dio non voglia, capita un incidente a vostra moglie che finisce in coma il giorno prima della fatidica cena, si spera che l’augusto herr Bau potrà essere clemente e ragionevole.
Sapete che c’è? Io mi tengo il tre stelle italiano di Antonio Santini, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio (Cr), che non si lamenta, non impone balzelli in anticipo pari al 60% del conto finale, non vede il cliente come un possibile manolesta, e soprattutto ci risparmia certi bla bla bla pseudofilosofici.
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Immagine prodotta con IA.