Milano – L’Italia è sotto ad altri Paesi Ue per le transazioni immobiliari alberghiere. Sono i dati dell’indagine Cushman & Wakefield, presentata durante l’incontro sull’evoluzione del turismo in montagna indetto da Associazione italiana Confindustria alberghi e Confindustria Belluno Dolomiti. Nel 2022 le acquisizioni di hotel nel nostro Paese hanno totalizzato 1,5 miliardi di euro per 56 asset. In Francia sono stati venduti 110 strutture, per un totale di 3,1 miliardi. In Spagna sono stati spesi 3 miliardi in 105 M&A alberghiere. In Germania sono stati chiusi 87 affari per 2 miliardi.
Numeri inferiori, per l’Italia, rispetto al 2019, quando le acquisizioni immobiliari alberghiere avevano totalizzato 3,2 miliardi. Tuttavia, scendendo nello specifico dei deal immobiliari nel nostro Paese, il market share dell’ospitalità mostra un trend in crescita negli ultimi 10 anni: nel 2013 rappresentava il 10% del totale, mentre la media degli ultimi quattro anni ha raggiunto il 15%.
L’Italia è in testa alla classifica, invece, come Paese con maggiore prevalenza di investimenti nel settore lusso. Il 73% delle acquisizioni sono nel segmento luxury, mentre in Spagna il 50% è luxury & upper scale, in Francia l’80% è upper upscale & upscale, e in Germania il 48% è midscale & economy. Gli investimenti, in Italia, provengono solo per il 34% da buyer nostrani; il 66% proviene da investitori stranieri, soprattutto europei e inglesi (44%); Usa e Canada ricoprono il 21%. In Germania e in Francia, invece, i buyer interni rappresentano la maggioranza: rispettivamente il 58% e il 55%. Il 75% degli investitori alberghieri richiede certificazioni di sostenibilità e il rispetto dei parametri Esg.